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CASERTA, CONVEGNO CONFINDUSTRIA-SUN SU SITI INQUINANTI. BUROCRAZIA SOTTO ACCUSA


In materia ambientale l’Università sostiene le buone ragione delle imprese, ma rispetto alle argomentazioni di buon senso, oltre che rigorosamente scientifiche, resta pur sempre da fare i conti con il “muro di gomma” della burocrazia. È questa l’amara constatazione che se ne ricava a conclusione della prima giornata (la seconda, di carattere giuridico, è prevista per il 2 ottobre prossimo) di approfondimento della problematica connessa alla perimetrazione e alla messa in sicurezza del litorale Dominio- Flegreo e dell’Area Aversana, organizzata questo pomeriggio da Confindustria Caserta con la collaborazione della facoltà di Scienze Ambientali della Sun. Introdotti dal direttore Lucio Lombardi e dal preside Paolo Vincenzo Pedone, ai lavori - coordinati da Giovanni De Felice, responsabile della Commissione Ambiente dell’associazione datoriale – hanno infatti relazionato i docenti Umberto Arena, Maria Laura Mastellone, Andrea Buondonno e Elio Coppola. I quali, citando casi concreti, hanno dimostrato quanto “ottusa” sia l’intimazione-diffida partita dal Commissariato di governo per l’emergenza, bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania all’indirizzo delle aziende che operano nell’area citata, e con la quale si intima, appunto, ai titolari delle aziende “di provvedere ad horas e non oltre quarantotto ore dalla ricezione della presente, le procedure per la messa in sicurezza del sito in oggetto; e di trasmettere, non oltre 30 giorni dalla ricezione della presente, il Piano di Caratterizzazione, nonché tutta la documentazione del sito di che trattasi”. Vale a dire, definire di definire in pochissimo tempo, la “caratterizzazione oggettiva” del tipo di inquinamento interessante il terreno, il sottosuolo e le acque sotterranee di pertinenza delle aziende che sono presenti in 76 Comuni della provincia di Caserta (oltre la metà del territorio provinciale, dunque, e non soltanto dunque quello del Litorale casertano e dell’agro aversano), accertarne i valori attraverso centinaia di analisi chimico-fisiche, e procedere infine alla bonifica dei suoli. Un’operazione – sottolineano gli esperti – sicuramente complessa, che può arrivare a costare, nel caso di grandi aziende, fino a 8-900 mila euro e, nel caso di piccole imprese, comunque non meno di diverse decine di migliaia (70-80 mila per quelle di piccolissime dimensioni). Intimazione e diffida che rischiano di infrangersi, peraltro, contro due sacrosanti principi che sono ormai universalmente accettati in materia ambientale. Il primo è: chi inquina paga. E non è detto che l’inquinamento di un terreno non sia venuto in eredità al nuovo proprietario o conseguenza di altre attività illecite compiute nella zona. Ed è, questo, un caso tutt’altro che infrequente, da cui peraltro discende, come detto, l’altro principio per cui non si può pretendere di colpire un delitto sopprimendo nel contempo un diritto. E, tuttavia, gli imprenditori non intendono sottrarsi al proprio dovere. Chiedono semplicemente tempi compatibili e procedure meno complesse. In questo senso, un esempio potrebbe venire dall’esperienza di Milano, dove – grazie proprio alla sinergia tra Università, Provincia e autorità ambientali – si è messo a punto un protocollo per arrivare a definire un piano di “caratterizzazione” non soltanto oggettivo, ma anche estremamente semplificato. E però, al solito, sembrano concordare i relatori, quello che vale al Nord non vale al di qua del Garigliano. (24 settembre 2007-22:38)

 
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