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CASERTA, ROBERTI (DDA): UNO SCRITTORE E UN PM NEL MIRINO DEI CASALESI

Torna, su L'Espresso di domani, la storia di uno scrittore e di un pm antimafia nel mirino della camorra


Caserta - (da: Apcom) - "Sappiamo che lo scrittore Roberto Saviano e il pm Raffaele Cantone sono nel mirino, chiediamo che vengano schierati gli investigatori migliori contro la camorra casertana. E che ci siano sforzi eccezionali per catturare i padrini latitanti". A lanciare l'allarme è il procuratore aggiunto della Dda di Napoli, Franco Roberti che in una lunga intervista all'Espresso in edicola domani afferma che "i Casalesi sono diventati una nuova mafia, che ha infiltrato l'econnomia e le istituzioni". "C'è tutta una serie di segnali - spiega Roberti - che evidenziano come il clan dei Casalesi si stia interessando a investigatori come Raffaele Cantone e a scrittori come Roberto Saviano che hanno provocato con il loro lavoro la sprovincializzazione del fenomeno camorra e fatto conoscere al mondo il vero volto della mafia casalese". "Di questa situazione nei confronti di Cantone e Saviano noi della Direzione distrettuale di Napoli siamo assolutamente consapevoli. Per questo - prosegue Roberti - stiamo premendo perché vengano a lavorare nel Casertano i migliori investigatori italiani. Per questo da settembre chiederemo rinforzi quantitativi e qualitativi negli organici degli uffici di polizia che indagano in quell'area". Quello di Roberti è un discorso irrituale. Con bersagli chiari: "Chiederemo uno sforzo eccezionale per la cattura di latitanti storici: Antonio Iovine e Michele Zagaria sono ricercati da oltre dieci anni e sono inseriti nell'elenco dei più pericolosi d'Italia. Ma stiamo già facendo uno sforzo senza precedenti che ha provocato nell'ultimo anno la cattura di Casalesi di primissimo livello come Francesco Schiavone, cugino del celebre Sandokan, Giuseppe Russo o il reggente del clan Sebastiano Panaro. E dimostreremo che non ci sarà nessun calo di attenzione sui Casalesi dopo che il pm Cantone avrà lasciato l'ufficio per un nuovo incarico: l'unità di lavoro casertana della Dda, oltre a me che la coordino, sarà sempre dotata di autentici carri armati, giovani o meno giovani, che assicureranno continuità e incisività alle indagini, sia sul versante militare che su quello degli affari dei Casalesi". E' dalla fine degli anni Ottanta che i casalesi hanno costruito il loro potere di sangue e denaro, contando sempre sul silenzio. "Hanno sempre avuto tendenze egemoniche. Tutti i media guardavano a Napoli, invece il potere era nel Casertano. Carmine Alfieri, il capo indiscusso della camorra tra il 1984 e il 1992, si riteneva un subordinato di Antonio Bardellino, il fondatore dei Casalesi. "Dopo il pentimento, - prosegue Roberti - Alfieri mi raccontò: 'Io a Bardellino non potevo dare consigli. Era un grande campano, davanti a lui mi toglievo tanto di capello'". Ma la vera forza dei signori della provincia più criminale d'Italia, arrivata a segnare il record mondiale di omicidi, è il fiuto per gli affari: "Sono stati i primi a uscire dal settore edile e dagli appalti per inserirsi nel ciclo dei rifiuti, nella produzione di beni di largo consumo, nelle aziende agro-alimentare, nei giochi e nelle scommesse legali, nei consorzi di bonifica. Non dimenticherò mai - continua il cappo della Dda partenopea - come nel dicembre 1992 scoprii il nuovo business dei rifiuti. Interrogavo Nunzio Perrella, un trafficante del Rione Traiano che era passato dalla droga alla munnezza. Da Thiene nel Vicentino raccoglieva le scorie tossiche delle fabbriche di vernice e li sversava in Campania. E disse che a comandare erano i Casalesi". Adesso la capacità dei Casalesi - sottolinea Roberti nell'intervista all'Espresso - è andata ancora oltre: sono passati dall'economia industriale a quella finanziaria. "Sono così ricchi che agiscono investendo capitali nelle imprese legali, senza pretendere il controllo della gestione. Hanno inventato le società a p.c.m. ossia a partecipazione di capitale mafioso, che sono ormai parte rilevante dell'economia campana e nazionale. Ma trovano mercato anche all'estero. Perchè la loro strategia è vincente: i boss guadagnano facendo risparmiare le imprese. Sono più morbidi nelle banche: chiedono interessi inferiori, non fanno fretta per recuperare l'investimento. Hanno una ricchezza talmente vasta che li esonera dalle intimidazioni e dallo strozzinaggio. Il processo Zagaria sulle infiltrazioni nelle ditte di Parma e della pianura padana dimostra come gli imprenditori del Nord fossero felici di avere i capitali della camorra". Per questo, sostiene Roberti, i Casalesi hanno dato vita a una metamorfosi micidiale: un nuovo modo di essere mafia. "Bisogna aggiornare il concetto di metodo mafioso alla luce della loro trasformazione. Non solo il vincolo di omertà e la forza di intimidazione, ma anche la forza del denaro. E quella delle relazioni imprenditoriali e istituzionali". Perché tutti i grandi gruppi delle costruzioni sono venuti a patti con i Casalesi. E il loro potere non potrebbe esistere senza il sostegno della politica. "I Casalesi finora hanno mantenuto una pax mafiosa, praticamente senza fatti di sangue. Sanno che l'attenzione per la camorra in genere nasce solo quando si spara. Per cui si fa ricorso a mezzi emergenziali per eludere l'obbligo politico e istituzionale di fronteggiarla su piano ordinario". E Roberti poi pronuncia parole amare per un napoletano che ama la sua terra: "Qui non c'è nessuna emergenza. La camorra è parte integrante della società napoletana e casertana, ne costituisce una delle facce. Bisogna prendere atto che questa realtà è parte di noi. Solo così saranno possibili gli interventi strategici per combatterla". (9 agosto 2007-14:07)

 
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