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*DONNE E COMPORTAMENTI INCIVILI: IL 'SUK' DELLA PROVINCIA DI CASERTA*

Riceviamo e pubblichiamo una garbata lettera di Cristina su un episodio accadutole in un comune della provincia di Caserta. La mittente non ci ha indicato nessuna email o recapito per eventuali risposte o contatti, ma pubblichiamo ugualmente il testo scritto in modo educato, corretto oltre che in un perfetto italiano da racconto. In ogni caso, invitiamo Cristina a comunicarci un recapito per eventuali futuri contatti


Gentile direttore,
chi Le scrive è una ventiseienne residente nella provincia di Caserta, proprio ieri sera vituperata in un “suk” della cittadina di Vairano Patenora. Di seguito cercherò di riportare, con obiettività, l’antefatto di un deplorevole accadimento che mi ha vista coinvolta, facendomi assurgere a capro espiatorio di quello che si è rivelato poi un divertissement serale di mezza estate, capace di invitare a nozze piccola parte di un’annoiata comunità.
Ero nella mia auto in compagnia di un’amica e percorrevo la centrale via Roma di Vairano Patenora.
Dovevo acquistare un pacchetto di sigarette e, come d’abitudine, ho fermato temporaneamente la macchina di rimpetto all’unico bar tabacchi presente sulla via. A quell’ora, intorno alle dieci, il locale era gremito di persone, per la stragrande maggioranza di sesso maschile, sedute ai tavoli a giocare a carte.
Ho lasciato l’auto ancora in moto, la strada non presentava possibilità di parcheggio alcuna, e ho badato bene a non essere d’intralcio alla normale circolazione automobilistica, una volta appurato che le vetture potessero transitare in maniera agevole.
Sono peraltro una docente e spesso rifletto con i miei studenti sull’importanza della convivenza civile, e sulla necessità di rispettare le esigenze altrui.
Affinché l’acquisto delle sigarette fosse rapido quanto mai, ho fatto scendere l’amica al mio posto, mentre io tranquilla l’attendevo nell’abitacolo, confidando nella velocità dell’operazione e certa di non essere un ingombro. Tanto più la strada a quell’ora era quasi deserta.
Una volta adempiuta la semplice mansione, l’amica è uscita dal bar e ha fatto per attraversare la strada al fine di raggiungermi, quando è stata fermata da un corpulento individuo seduto a giocare alla partita serale, che le ha esternato alcune personali considerazioni nei miei riguardi. Ossia che io fossi una cafona, una persona poco educata, ed una moltitudine di improperi strillati ad alta voce, adoperando un tono assolutamente fuori luogo e dispregiativo, rivolto a me che sentivo nitidamente pur essendo in macchina.
Quelle gratuite offese mi hanno ferita e, visto che da sempre in me abita un ideale di giustezza, avvertendo l’impellenza della difesa personale, non sono riuscita proprio a soprassedere.
Così ho parcheggiato l’auto poco oltre, per scendere e chiedere al signore stravaccato sulla sedia le ragioni di quel rancore esternato con veemenza. L’uomo, che poi ho scoperto essere il vigile Maurizio della coesa, da quanto ho potuto appurare, comunità vairanese, ha cominciato ad inveire contro di me, dinanzi al nugolo di persone manifestatesi da subito incuriosite dalla piazzata che di lì a poco si sarebbe scatenata.
Mi ha chiamata “cessa”, “cafona”, “racchia” , intimandomi di andare via ed adoperando parole talmente scurrili e per fortuna sconosciute al mio vocabolario che, com’è ovvio, non potrei proprio riportare.
Sono stata così letteralmente ricoperta di improperi e parolacce, perché rea di aver lasciato la macchina momentaneamente in accensione, con me al posto di guida, lateralmente ad un palazzo inframezzato, rispetto al bar, da una strada.
Quegli insulti mi hanno sconvolta ed ho semplicemente reagito alle offese sottolineando quanta bassezza e meschinità ci fosse nel vituperare così una giovane donna, invece di redarguirla con gentilezza, nel caso la mia sosta fosse stata davvero così maldestra.
Ma il mio panegirico, dettato dall’impellenza di sottolineare l’importanza di una discussione civile, non è servito a nulla: nessun uomo che lì in mezzo abbia spezzato una lancia a mio favore.
Al contrario, anche il nutrito gruppo lì assiepato, ha cominciato ad inveire contro di me, intimandomi di andare via. Così ho fatto e, piena di rancore, sul far di lasciare gli accaniti avventori, ho notato che anche delle donne dai balconi delle case, pur disconoscendo le ragioni della discussione accesa, si sono unite al coro degli insulti.
E poi si osservano con spregio società altre, lontane, in cui le donne sovente sono oltraggiate, offese, trattate senza rispetto. L’oltraggio più terribile mi è stato inferto proprio da quelle donne affacciate ai balconi, schiacciate da una società maschia e meschina di un suk della provincia di Caserta.
Cristina
(29 luglio 2007-20:10)

 
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