CASERTA-ADISTA. (dall’inviato Luca Kocci) - Cancello sbarrato e forze dell’ordine a
presidiare l’ingresso del Macrico, una ex area militare di 33 ettari, di
proprietà della Chiesa, da anni al centro di un braccio di ferro fra chi
vorrebbe venderla per fare profitto e chi invece vorrebbe trasformarla
in un’area verde pubblica a disposizione della città. L’ordine è
arrivato del presidente dell’Istituto diocesano di sostentamento del
clero di Caserta (Idsc), don Antonio Aragosa, proprietario del terreno,
il quale, per essere sicuro che l’ex deposito militare non venisse
violato nemmeno per poche ore dal vescovo, da centinaia di giovani
partecipanti ad un meeting organizzato dalla diocesi e da migliaia di
cittadini casertani che avevano organizzato una pacifica invasione nel
Macrico, è andato in Questura e ha denunciato preventivamente don Nicola
Lombardi, direttore del centro diocesano di pastorale giovanile: se
qualcuno entra nel Macrico – ha detto don Aragosa prima ai giornali e
poi alla polizia – la colpa è di don Lombardi.
E così, lo scorso 3 giugno, sono rimasti tutti fuori: il vescovo mons.
Raffaele Nogaro, il responsabile della pastorale giovanile diocesana, i
partecipanti al VII meeting dei giovani e un migliaio di casertani
convocati dal comitato Macrico Verde – che da anni si batte perché
l’area venga acquisita dalle amministrazioni locali e restituita alla
città come spazio pubblico – per trascorrere mezza giornata all’interno
del Macrico. Guardati a vista da carabinieri e polizia, chiamati da don
Aragosa, che in realtà non hanno avuto un granché da fare: preoccupati
dagli allarmismi alimentati dal presidente dell’Idsc – che sui giornali
aveva ripetutamente dichiarato che se qualcuno avesse varcato la soglia
il “Macrico rischiava di colorarsi di rosso, rosso sangue” –, e complice
la pioggia, non hanno nemmeno tentato di entrare e hanno preferito
improvvisare un’assemblea davanti ai cancelli.
Il Macrico conteso
Il braccio di ferro sul Macrico non è nuovo, dura anzi da oltre 6 anni.
L’area – quasi 33 ettari di verde, con qualche costruzione all’interno,
nel centro di Caserta –, che la Chiesa ha dato in affitto prima ai
Borboni e poi all’esercito italiano, è tornata nella piena disponibilità
della diocesi nel 1994 e, per legge concordataria, la proprietà è
dell’Idsc di Caserta, articolazione periferica dell’Istituto centrale
per il sostentamento del clero (Icsc), l’ente ecclesiastico che gestisce
l’8 per mille. Nel dicembre 2000, Idsc e Comune di Caserta tentarono
l’affare: il Macrico sarebbe stato venduto al Comune che lo avrebbe poi
trasformato in “Parco urbano vivo”. Una formula ambigua che nascondeva
una mega-speculazione edilizia contro la quale si schierarono molti
cittadini – riuniti nel comitato Macrico Verde – e soprattutto il
vescovo, mons. Nogaro: nel Te Deum di fine anno denunciò di essere stato
scavalcato (infatti, pur essendo enti autonomi e indipendenti, per gli
immobili che valgono più di 250mila euro gli Idsc devono chiedere il
parere al vescovo) e bloccò la vendita (v. Adista n. 7/01).
Nello scorso mese di gennaio, dopo anni di silenzio, l’Istituto
sostentamento del clero di Caserta, per bocca del nuovo presidente, don
Aragosa, annuncia: siamo assediati dalle richieste dei palazzinari che
vogliono acquistare il Macrico, per cui o il Comune si decide a
comprarlo a 35 milioni di euro, oppure lo vendiamo ai privati, che ce ne
offrono molti di più. Quanto basta per riaprire lo scontro: da una parte
gli Istituti per il sostentamento del clero, sia diocesano che centrale,
che vogliono fare cassa; dall’altra il vescovo Nogaro, il comitato
Macrico Verde e i cittadini che cercano di difendere l’ultima area verde
di una città assediata da cave e discariche; in mezzo gli Enti locali
(Comune in prima fila, ma anche Regione e Provincia) che tacciono e
aspettano (v. Adista nn. 9, 11, 13 e 15/07).
L’Istituto sostentamento clero: guai a chi entra!
Proprio per rilanciare la battaglia per il Macrico verde e pubblico,
viene organizzata dal comitato la giornata del 3 giugno: una pacifica
invasione dell’area da parte dei cittadini casertani, molti dei quali
nel Macrico non sono mai entrati (una giornata analoga si era già svolta
nel maggio del 2006). All’iniziativa aderisce subito il centro di
pastorale giovanile della diocesi perché, spiega don Lombardi ad Adista,
“tutto ciò che riguarda la città – e il Macrico è un bene della città –
interessa la pastorale giovanile della nostra diocesi”: all’interno del
VII meeting dei giovani (il 2-3 giugno) viene inserita una processione,
la domenica mattina, dalla cattedrale fino all’ingresso del Macrico,
dove il vescovo saluterà e benedirà i partecipanti. Poi, annuncia don
Lombardi, “con i giovani entreremo nel Macrico”.
Don Aragosa si allarma e sulla stampa locale vieta l’ingresso ai
cittadini: “la festa nel Macrico è illegale, perché si violerebbe una
proprietà privata, e pericolosa”, perché qualcuno potrebbe farsi male.
“Vogliono un Macrico verde e rischiano di colorarlo rosso, rosso
sangue”. Poi va in Questura e deposita una diffida che la polizia
provvede a notificare a don Lombardi.
Le forze dell’ordine sono mobilitate. La mattina del 3 giugno polizia,
carabinieri e vigili urbani aspettano mons. Nogaro sulla porta del
palazzo vescovile e lo scortano fino al Macrico, dove c’è altra polizia
che presidia l’ingresso e un migliaio di cittadini che, per non creare
ulteriori tensioni, resta diligentemente fuori dal cancello. Viene
improvvisata un’assemblea in cui parla anche il vescovo: ringrazia i
partecipanti, critica gli amministratori locali “che sembrano non amare
la nostra città” visto che vi impiantano discariche pericolose per la
salute delle persone e non si preoccupano del verde pubblico (v. Adista
nn. 31,33 e 37/07) e invita tutti i cittadini alla “resistenza per
aiutare Caserta a risorgere”. Subito dopo i rappresentanti del Comitato
presentano un possibile progetto di riqualificazione sociale del Macrico
che gli Enti locali, “se ci fosse la volontà politica”, potrebbero
realizzare utilizzando finanziamenti europei e statali già disponibili.
Anche perché don Aragosa, qualche giorno prima, aveva fatto sapere che
l’Idsc sarebbe stato disposto a cedere il Macrico al Comune “a prezzo di
esproprio, cioè per la metà del valore di mercato”: circa 20 milioni di
euro, calcolano dal Comitato. Dall’Istituto centrale per il
sostentamento del clero, a cui spetta l’ultima parola, però sembrano
smorzare: “Volendo arrivare ad una definizione che tenga conto degli
interessi della collettività – spiega ad Adista Cesare Testa, direttore
generale dell’Icsc – , senza naturalmente far soffrire gli interessi
dell’Istituto che si occupa del sostentamento dei sacerdoti, si potrebbe
accettare di vendere anche a prezzo di esproprio. Certo, per fare un
atto del genere, ci vorrebbero delle autorizzazioni da parte nostra, da
parte della Cei e della Santa Sede. Insomma la situazione andrebbe
esaminata tenendo conto di tutte le variabili”
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