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MORTI PER MANO DI ROM UBRIACO: NOMADI ARRIVARONO AD ASCOLI DA CASERTA


rom lo hanno capito per primi, che quel che è successo è irreparabile, definitivo. «Abbiamo avuto paura — dice Pruna Ahmetovic, la zia di Marco, il ragazzo ubriaco che guidava contromano a 120 all'ora —, è normale che siamo andati via. Ce lo hanno consigliato anche i carabinieri». La voce di questa donna arriva dall'abitacolo di un'auto diretta chissà dove. «Siamo stati costretti, è chiaro che ci sarebbero venuti a cercare. È successo, ci dispiace tanto. Gli incidenti purtroppo accadono dappertutto e mio nipote è un bravo ragazzo, anche se non mi crederà nessuno». Almeno su questo ha ragione, Pruna Ahmetovic. Nessuno, ma proprio nessuno, le crederà. La fuga dei 34 Ahmetovic che avevano preso possesso della collina davanti alla discarica del comune di Ascoli non è l'ammissione di una colpa, ma un gesto di paura e diffidenza ancestrale, la fine di ogni possibile venirsi incontro, anche nel dolore. Qui nessuno ha mai organizzato fiaccolate e ronde, così frequenti altrove. Loro se ne sono andati comunque, le temevano. Arrivarono il 4 ottobre 1996, una famiglia di bosniaci proveniente da Caserta, che aveva ottenuto dal comune di Ascoli (all'epoca amministrato dal centrosinistra) un contratto di locazione per due casolari su una collina che però era nel comune di Appignano. L'accordo aveva scadenza biennale, 183 mila lire al mese e il divieto di accampamento per altri nomadi. Le famiglie divennero 18 per un totale di 64 persone, gli affitti non furono mai pagati così come le utenze di luce, acqua e gas. I due casolari andarono presto in malora, e il piazzale si riempì di roulotte e precarie casette di legno. Ad Ascoli lasciarono al piccolo comune di Appignano l'onere di gestire una realtà complicata. L'anno scorso, la giunta del capoluogo, nel frattempo passato al centrodestra, ha ordinato lo sfratto. Mentre ad Appignano partivano le raccolte di firme a favore dello sgombero, ci si è dovuto mettere di mezzo il prefetto, che ha convocato d'ufficio il sindaco di Ascoli per poi assegnare ai nomadi un casolare vicino a Brecciarolo di proprietà della Regione, e anche qui si preparava la sollevazione dei residenti e dei politici. La disputa, documentata dal Corriere Adriatico, andava avanti da mesi. Gli zingari — anche qui li chiamano così — non li vuole nessuno, la verità è questa. Si fregano le panche di legno dalla piazza principale, campano rubando rame e scatole di fuochi d'artificio dal deposito in fondo alla collina, rubano l'uva ai contadini e hanno visitato più di una casa: al bar di fronte al municipio oggi è un coro unico, peraltro documentato da qualche decina di denunce depositate dai carabinieri. Fa sincera compassione, Nazarena Costini, una maestra elementare di quarant'anni che dal 2005 è diventata primo cittadino del paesino dove è nata, giunta di sinistra, lei di Rifondazione. È una donna piccola e minuta, che parcheggia davanti al municipio e resta in auto a piangere, singhiozza tenendo la faccia con le mani. C'è il dolore, per quattro ragazzi che conosceva bene, come tutti. E c'è il senso di sconfitta, in una notte tutto quello in cui crede è crollato, con la fuga dei rom a certificare una sconfitta totale, irredimibile. «Non ci solleveremo più da questa tragedia. I rom erano un problema al quale stavamo cercando una soluzione. Ascoli ce li aveva imposti e non se li era ripresi, e noi non potevamo ignorarli». Fatica, a tenere insieme un dolore evidente e la necessità di difendersi. Sa bene che oggi, ai funerali, qualcuno dei suoi concittadini le farà pesare il suo atteggiamento tollerante. «Io rispetterò qualunque rabbia, qualunque dolore. Quei ragazzi, stavano andando a prendersi il gelato, come ogni sera. Non riesco a pensare ad altro». Lunedì sera, il sindaco aveva fatto tardi in Comune per preparare la festa del Primo maggio. Insieme a lei c'era anche il consigliere comunale Luciano Traini. Si sono fermati a parlare dei rom, della soluzione che nonostante tutto era ormai vicina. Hanno sentito la sirena dell'ambulanza che attraversava il paese. «Sta andando giù, verso Ascoli» hanno commentato con sollievo prima di salutarsi. Un'ora dopo, a casa del consigliere Traini è arrivata la telefonata dei carabinieri. Avevano una comunicazione urgente da fare. Ma prima gli hanno chiesto di sedersi. (dal Corriere della Sera del 25 aprile 2007)

 
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