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MILITARI DELLA U.S. NAVY IN AFFITTO NELLE VILLE SEQUESTRATE ALLA CAMORRA


Caserta - (dal Corriere del Mezzogiorno del 20 marzo 2007) - Quando i carabinieri si sono presentati per apporre i sigilli alle decine di ville e abitazioni sequestrate ieri «in via di urgenza» tra l’Agro aversano e il Napoletano nell’ambito di una inchiesta della Dda, in qualche caso, ad aprirgli la porta sono stati alcuni ignari militari della U.S. Navy che – per comodità logistiche – avevano preso in fitto le abitazioni finite nel mirino degli inquirenti. Un maxisequestro che comprende una trentina tra ville, appartamenti e terreni per un valore stimato per difetto in cento milioni di euro, acquisite anche utilizzando quelle decine di milioni di euro provenienti dalle pratiche di sinistri stradali liquidate dalle assicurazioni sulla base di sentenze o, per la maggior parte, di accordi transattivi. L’indagine si è sviluppata su più filoni ed in particolare quello proveniente da una denuncia sporta alla Procura sammaritana dalla compagnia di assicurazioni «Toro» (società insospettita dall’elevato numero di sinistri che era costretta a liquidare) e l’altra avviata dalla Procura di Napoli riguardante, in origine, i rimborsi per i falsi sinistri ottenuti da alcune persone vicine ad ambienti camorristici dell’agro aversano. Inchiesta, peraltro, che aveva fatto scattare nell’estate del 2005 gli arresti per corruzione a carico di due giudici di pace e un avvocato intercettati mentre parlavano di sentenze favorevoli (anche dietro incontri a luci rosse organizzati per un giudice), emesse su richieste di rimborsi Telecom ed Enel. L’approfondimento investigativo (furono sequestrate ottocento fascicoli relativi a sinistri) ha consentito di appurare che le pratiche erano trattate dagli stessi intermediari appartenenti sia al boss Antonio Corvino, da poco tempo collaboratore, che all’imprenditore camorrista Augusto Bianco. I dettagli dell’operazione sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa svoltasi presso il comando provinciale dei carabinieri di Caserta, agli ordini del colonnello Carmelo Burgio, alla presenza del pm sammaritano Matilde Brancaccio e a quella dei pm antimafia Cesare Sirignano, Antonio Ardituro e Raffaele Cantone. Cinquanta gli indagati: oltre ai camorristi e ai loro parenti, anche medici, periti e le persone che si presentavano durante le udienze, una volta come parti ed altre come testimoni. Le pratiche – hanno spiegato gli inquirenti – erano istruite con falsi certificati medici grazie alla compiacenza di alcuni dottori per la liquidazione di danni alle persone per sinistri mai avvenuti o per sinistri che avevano determinato solo danni alle cose. Importanti ai fini delle indagini le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia Massimo Pannullo e Antonio Corvino, quest'ultimo interno all'organizzazione, nonchè affiliato storico al clan dei Casalesi. In particolare Corvino, oltre a confermare il coinvolgimento dei suoi familiari, Pasquale, Romolo e Renato e dei loro rispettivi collaboratori, avrebbe fornito indicazioni per ricostruire la partecipazione all’affare del gruppo Bianco, ed in particolare l’interessamento di Cesare ed Augusto Bianco, storici affiliati al clan con funzioni di comando in assenza dei leader storici della famiglia Schiavone. I beni (22 ville, 5 appartamenti, 2 fabbricati, 11 autovetture e 2 moto di grossa cilindrata) sono stati sequestrati tra Casal di Principe, Castelvolturno, Aversa, San Cipriano, Gricignano e, a ridosso della provincia di Napoli, a Giugliano in Campania e Lago Patria. Il sequestro si è reso necessario in via d’urgneza in quanto il gruppo criminale stava per alienare i beni. Accertato anche il coinvolgimento in alcune pratiche anche di Vincenzo Schiavone detto «O’ Petillo», nipote di Sandokan. I beni erano in parte intestati agli indagati, ed in maggior parte intestati a proprietari fittizi per lo più parenti. «Se le compagnie assicurative fossero più attente nel controllare le pratiche relative a richieste di rimborsi per sinistri stradali – ha affermato il colonnello Burgio - dove maggiore è la presenza della malavita organizzata, si ridurrebbero il numero di truffe e diminuirebbero i premi assicurativi per gli automobilisti».

 
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