*MAFIA E COMMENTI SU LIBRO DI PANSA: INTERVISTA A GIOVANNI LUBRANO*
Data: Venerdì, 27 ottobre @ 09:26:05 CEST
Argomento: Cultura




GIOVANNA CANZANO
intervista
GIOVANNI LUBRANO
26 OTTOBRE 2006

I Vischinsky di Torino e Cuneo. E Lucky Luciano?


CANZANO. Scusi, perché borbotta?

LUBRANO. Pensavo all’articolo – sentenza inappellabile – di Sergio Luzzatto sul Corriere della Sera, del 20 ottobre 2006. Un diktat!

CANZANO. Quello che commenta l’ultimo libro di Giampaolo Pansa, ‘La grande bugia’?

LUBRANO. Si, trovo intollerabile che l’iperfazioso e borioso Luzzatto bolli sarcasticamente l’opera di Pansa come testo che ‘piace al ventre molle dell’Italia ignava’.

CANZANO. Certo che il titolo è offensivo verso chi i libri di Pansa li compra. Tutti mollaccioni ignoranti?

LUBRANO. A prescindere che, in primis, i libri del giornalista dovrebbero piacere proprio a lui, comodamente assiso e satollo su di una cattedra dell’università di Torino, ottenuta non so in base a quali titoli, Luzzato se la prende con Pansa perché questi, essendo ‘un giornalista noto riesce a raggiungere un pubblico che gli storici di mestiere manco si immaginano’.

CANZANO. Sembra un ragionamento contorto…

LUBRANO. Non solo, sa tanto di disappunto mica poi tanto malcelato. E poi, se rovesciamo il concetto, può darsi che gli italiani, stufi delle menzogne propinate dagli ‘storici di mestiere’ e, aggiungo io, ‘di parrocchia’ comunista nella totalità dei casi , inoltre sessanta e passa anni di ‘vulgata’, apprezzino di più il lavoro di un giornalista, libero, che non quello di un ‘pennivendolo di regime’.

CANZANO. Ha la penna intinta nel veleno, lo storico di Torino mi pure lei non ci va giù tenero…

LUBRANO. Per forza, i libri di Luzzatto non si vendono. Scherzi a parte, a lui ‘rode’ che Pansa ci ‘illumini’ su cose ‘note’. Bene, le cose ‘note’ erano tali solo a pochi, grazie anche alla disinformatja dei Luzzatto, Bocca, Tranfaglia et cetera..

CANZANO. Che vuol dire?

LUBRANO. Che la memori dei veri Partigiani sia stata macchiata da una banda di assassini che non avevano certo a cuore la liberazione dell’Italia, bensì l’assoggettamento della nazione al PCI/PCUS è questione che si sapeva: è vero che i testi in proposito furono pochi ma basta vedere la monumentale ‘storia della Guerra Civile in Italia’ di Giorgio Pisanò uscita nel 1965, per rendersene conto. Segnalo anche ottimi autori di sinistra come Roberto Gremmo con le sue opere sui Partigiani di Bandiera Rossa a Roma e sul processo Moranino.

CANZANO. Sembra che a Luzzatto qualcuno tagli l’erba sotto ai piedi…

LUBRANO. Si è mai chiesta perché Ferruccio Parri, il famoso capo partigiano ‘Maurizio’, vice comandante del corpo volontari della Libertà, presidente del Consiglio dal giugno al novembre 1945, nel radiomessaggio che come neo capo del governo rivolse il 24 giugno agli italiani abbia affermato: ‘Ed ancora una parola per gli atti arbitrari di giustizia, quando non sono di vendetta e per le esecuzioni illegali che turbano alcune citta del Nord, ci compromettono con gli Alleati e offendono soprattutto il nostro spirito di giustizia’?

CANZANO. Parri 61 anni prima di Pansa…

LUBRANO. Parri così proseguiva: ‘E’ un preciso invito che io vi formulo. Basta: e siano i partigiani autentici, diffamati da questi turbolenti venuti fuori dopo la vittoria, siano essi a cooperare con la difesa della legalità che la nostra stessa rivoluzione si è data’.

CANZANO. Parri dunque si era accorto che qualcosa non quadrava?

LUBRANO. Certo, anche se quel suo autorevole invito cadde praticamente nel vuoto. I massacri di gente inerme andarono ben oltre il 1945, anche fino ai primi anni cinquanta.

CANZANO. Non fu Parri che provocò la scissione dell’ANPI, la potente organizzazione partigiana di matrice comunista?

LUBRANO. Non la provocò ma, per chi aveva combattuto con sentimenti di grande onestà intellettuale e di amor di Patria, come ‘Maurizio’ contro regimi totalitari, era inconcepibile che l’ANPI fosse messa al servizio del totalitarismo comunista, di netta marca sovietica. Non fu proprio lui: la scissione dall’ANPI fu promossa da Raffaele Cadorna e Enrico Mattei, cui fecero seguito nuclei partigiani veneziano, toscano e piemontese del Partito d’Azione. Parri, già azionista ma , soprattutto un Galantuomo, nel 1948, presi i contatti con le forze scissioniste…

CANZANO. Ruppe forse il patto coi comunisti anpini?

LUBRANO. Si, disse testualmente: ‘A coloro che ci rimproverano di rompere l’unità partigiana a favore della reazione rispondiamo che è la pretesa di monopolio del Partito comunista che ha fatto il gioco delle forze reazionarie’. E’ vero che lo affermò dopo la sconfitta del Fronte popolare nelle elezioni del 18 aprile 1948; però prese atto della situazione e, a differenza di Nenni, accentuò il suo distacco dai partigiani comunisti.

CANZANO. Fu creato un nuovo soggetto partigiano?

LUBRANO. Si, il 9 gennaio 1949 Parri fu acclamato presidente della Federazione Italiana Associazioni Partigine, la FIAP. Di cui fecero parte, tra gli altri, autorevoli partigiani socialisti: Giuliano Vassalli, Tristano Codignola, Antonio Greppi, Enzo Enriquez Agnoletti, Aldo Aniasi. E il 20 febbraio 1949 fondò a Milano l’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia.

CANZANO. Potrebbe dare un suggerimento a Luzzatto?

LUBRANO. Lei scherza, come fa un ‘ignorante’ come me a mettersi a somministrare consigli a un ‘luminare’…? Però l’occasione è ghiotta: faccia meno il supponente e il partigiano della 25° o 26° ora, proprio come ammoniva Parri.

CANZANO. E Giorgio Bocca? Ha sentito la sua intervista a ‘Otto e Mezzo’ del 23 ottobre?

LUBRANO. L’ex ufficio stampa della federazione fascista di Cuneo, il nominato Giorgio Bocca, pieno di livore contro Pansa, ha detto che ‘se avessero vinto gli altri, in Italia ci sarebbero state le camere a gas’. Ora, a prescindere che è da dimostrare che Mussolini, capo del fascismo e poi della RSI, fosse venuto a conoscenza dei campi di sterminio nazisti ed è dunque assolutamente impossibile stabilire come si sarebbe potuto comportare se ‘persona informata dei fatti’, è vera invece un’altra amarissima realtà.

CANZANO. Quale?

LUBRANO. Il governo americano tramite i suoi servizi segreti trattò con il ‘capo dei capi’ della mafia, ‘Lucky’ Luciano in prigione nelle carceri USA per avere tutte le informazioni possibili sulla toponomastica siciliana, sugli uomini-‘quisling’ che sarebbero serviti etc. Sarebbero stati utilissimi per lo sbarco in Sicilia del 9-10 luglio 1943. Per gli enormi favori resi Luciano fu rimesso in libertà e spedito in Italia: secondo alcuni partecipò di persona alle operazioni militari. Secondo altri fu liberato, e tornò in Italia, nel 1946.

CANZANO. E si rivolsero ad un mafioso? Non avevano carte geografiche?

LUBRANO. Purtroppo non si limitarono a questo. Luciano lavorò alla grande. Gli americani autorizzarono con la sua diligente complicità, la nomina dei mafiosi, detenuti nelle carceri siciliane fino dal tempo della ‘bonifica’ del prefetto Mori, a sindaci delle città siciliane. L’uomo di Luciano era ‘Don Calò’ Vizzini, l’uomo di Vizzini era Giuseppe ‘Genco’ Russo. Furono questi due che eseguirono gli ordini di Luciano, ben protetti dalle forze armate americane del gen. Patton.

CANZANO. Mi sembra un’enormità…

LUBRANO. Cerchi, se lo trova, un libro di Michele Pantaleone ‘Mafia e Politica’ con prefazione di Carlo Levi. E’ un libro stampato da Einaudi nel 1962, capitolo ‘Il foulard di Lucky Luciano’. Si farà un’idea di come il governo democratico del presidente democratico Roosevelt pensò bene di avvalersi dei ‘picciotti’. E questi sono fatti reali, con buona pace dei vari Giorgio Bocca: i futuri vincitori si avvalsero della mafia e la legittimarono.

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