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MILANO, settembre 2009 - In certi casi ci vuole un avvocato con le palle, ma un detenuto nel carcere milanese di Opera probabilmente ha scelto il suo legale in base a virtù che non si dimostrano in pubblica arringa.
Ha avuto modo di prenderne atto una guardia carceraria che affacciandosi per controllare che il colloquio tra un detenuto e la sua legale si stesse svolgendo regolarmente e ha trovato alquanto strano che l'avvocato parlasse dal detenuto stando sotto al tavolo. "Non è come pensa", si è affrettata a dire la donna, ma la pallida difesa "Mi era caduta la penna sotto al tavolo" conferma la nostra ipotesi sulle sue doti forensi.
La guardia, il direttore del carcere e l'Ordine degli Avvocati hanno ritenuto infatti inquivocabile la scena e anche se il colloquio a luci rosse non è reato, di sicuro è valso alla donna la sospensione per sei mesi dall'Ordine, secondo il quale "ha disonorato la professione". Ma come farà ora il nostro galeotto senza il suo legale di fiducia?