CAMORRA, SCOOP ROMA-IL TEMPO: 41 bis RIGETTATO DA STRASBURGO RICORSO SANDOKAN
Data: Domenica, 29 giugno @ 23:19:51 CEST
Argomento: Cronaca


I quotidiani Roma e Il Tempo del 28 giugno - in alcuni articoli a firma Roberto Paolo - riferiscono del rigetto da parte di Strasburgo di un ricorso contro il 41 bis che aveva presentato il boss Sandokan. Notizia ripresa oggi da alcuni quotidiani locali



NAPOLI (dal quotidiano Roma del 28 giugno 2008) - Il regime del 41bis, il famigerato "carcere duro", non è una tortura e non lede i diritti fondamentali dell'uomo. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani in una causa che vedeva protagonisti eccellenti: nientemeno che Francesco "Sandokan" Schiavone contro lo Stato italiano. Il capo indiscusso del clan dei Casalesi, la cosca di camorra più agguerrita e pericolosa, si è visto respingere dai giudici di Strasburgo un ricorso intentato contro lo strumento più temuto dai boss in galera, l'isolamento ferreo da parenti e fedelissimi, il divieto assoluto di comunicazione anche all'interno delle strutture carcerarie, quel "carcere duro" definito da molti una pietra tombale, perché equivalente secondo molti padrini ad una condanna a morte. Un regime di detenzione che si è attirato anche gli strali di molte associazioni e di qualche partito politico, con proposte di legge e campagne di stampa tese alla sua abolizione. Il boss Francesco Schiavone ha fatto appello alla Corte europea lamentando che il regime di "carcere duro" violasse cinque norme contenute nella Carta dei diritti dell'uomo, ed in particolare gli articoli 3 (proibizione della tortura), 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), 14 (divieto di discriminazione), 9 (libertà di pensiero, coscienza e religione) e 13 (diritto ad un ricorso effettivo). Ma le toghe di Strasburgo gli hanno dato torto su tutta la linea, dichiarando addirittura irricevibile il ricorso per manifesta infondatezza delle doglianze. Nei dettagli, secondo la Corte europea l'isolamento di fatto (Schiavone era stato per mesi l'unico occupante di un'intera sezione del penitenziario), la circostanza che lo spazio per la passeggiata fosse un corridoio di 2,7 per 5,9 metri. le ispezioni corporali in occasione di ogni partecipazione in videoconferenza alle udienze dei processi, o dopo ciascun colloquio con avvocati o familiari stretti, non siano da ritenere trattamenti contrari alla Convenzione sui diritti umani. Inoltre, le strette limitazioni alle visite dei familiari «sono necessarie ai fini dell'ordine e della sicurezza pubblica», e lo stesso articolo 8 della Carta europea ammette tali limitazioni alla vita privata e familiare. Schiavone ha anche lamentato una disparità di trattamento rispetto ad altri detenuti per gli stessi reati, e persino la violazione della libertà di manifestare la propria religione. Aspetti questi che la Corte ha ritenuto non provati: Schiavone non ha infatti dimostrato «di aver mai espresso la volontà di partecipare alle funzioni religiose né di essere stato a ciò impedito». Un'altra vittoria dello Stato italiano sul boss di "Gomorra", dopo quella incassata una settimana fa con la sentenza di appello del maxiprocesso Spartacus contro il clan dei Casalesi che ha confermato la condanna all'ergastolo, tra gli altri, anche per Francesco "Sandokan" Schiavone. E la decisione di Strasburgo assume anche il valore di un importante precedente anche nei confronti di eventuali ricorsi di altri padrini di mafia e camorra.





Questo Articolo proviene da Casertasette
https://lnx.casertasette.com

L'URL per questa storia è:
https://lnx.casertasette.com/modules.php?name=News&file=article&sid=14919