IL SENATORE MANCINO AL ROTARY DI SALERNO: I 60 ANNI DELLA COSTITUZIONE
Data: Martedì, 11 marzo @ 15:19:47 CET
Argomento: Cittadini e Giustizia




SALERNO – “Non c’è forza politica che stia bene in salute. Tutte sono malate, ma nonostante si trovino nel momento di maggiore debolezza, sono loro che scelgono e gli elettori o opteranno per il simbolo che rappresenta questa debolezza, oppure si dovranno limitare a votare scheda bianca o non andare proprio alle urne. Siamo, infatti, ad un punto limite della democrazia parlamentare”. Così il sen. Nicola Mancino, vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, si è espresso, ieri sera, al Grand Hotel Salerno, nel corso di una conviviale organizzata dal Rotary Club Salerno, presieduto da Giuseppe Blasi. All’incontro, il cui tema verteva sui “60 anni della Costituzione”, erano presenti anche il prefetto di Salerno, Claudio Meoli, il questore Vincenzo Roca ed il direttore della Scuola di Giornalismo dell’ateneo salernitano, Biagio Agnes. “Credo che, oltre ad una buona legge elettorale ed un ritocco in alcuni punti della carta costituzionale, si avverta la mancanza della partecipazione. Negli anni settanta – dichiara Mancino - vi erano le grandi conquiste che si sono andate, poi, via via stemperando, come la presenza all’attività della scuola da parte di tutti i genitori. E’ proprio la partecipazione la nota dolente della democrazia di oggi. Perché questa sorta di delega che si offre a chi comanda è una delega impropria, visto che la si dà in base ad un rapporto fiduciario, scegliendo una persona all’interno del partito, ma andremmo revocata, di volta in volta, attraverso l’irrobustimento di quella debolezza, diciamo progressiva, che attraversano le forze politiche sul piano generale. Il senatore, a questo punto, ha ripercorso la sua esperienza del 2006, quando capolista per la Margherita alla Regione Campania, era candidato al Senato. “Nonostante fossi capolista – prosegue Mancino - mi sono sentito inutile, anche se avevo la certezza della vittoria. Quella campagna elettorale mi ha segnato nella mente, nel cuore, nei sentimenti perché ho capito che noi non siamo più in una democrazia partecipata, ma viviamo in piena crisi delle forze politiche. Ne risente proprio questa democrazia che per 50 anni ha consentito al nostro Paese di potersi presentare rispetto alle altre Nazioni con una dignità, con una opposizione chiara sul piano della politica internazionale e ben precisa anche sul piano dei rapporti economici. Mi auguro – ha sottolineato - che almeno le prossime elezioni consentano di poter prendere atto di questa debolezza e di questa carenza insistente”. Il vice presidente del Csm, si è poi soffermato a lungo sul valore della Carta costituzionale “presa ad esempio in tutti i Paesi di più recente esperienza democratica in Europa e non solo. Dobbiamo comprendere che non basta governare. C’è bisogno di un rapporto dialettico tra forze politiche diverse, indipendentemente dal ruolo che svolgono sul piano parlamentare, di appoggio al governo o di opposizione, altrimenti difficilmente si potranno fare delle modifiche costituzionali. La Costituzione – ha continuato - non è una fisarmonica che si può aprire e chiudere a piacimento. La si approva una volta per sempre e la si ritocca di volta in volta attraverso il ricorso all’art. 138. Quando fu proposta la riforma della costituzione ed ero parlamentare, eccepii la rottura della concordia costituzionale volendo modificare tutta la costituzione e non singole parti. Del resto, le culle della democrazia, come Inghilterra, Stati Uniti, ritoccano la loro costituzione, ma non la sovvertono, non la cambiano integralmente. Io credo che le forze politiche abbiano il dovere di assumere un impegno, di fronte al Paese e tra di loro, di modificare solo se c’è un ampio consenso”. Per il senatore, infatti, “non si devono azzardare modifiche solo perché ci sono maggioranze che di volta in volta si possono formare su questa o quella questione. La Carta costituzionale deve avere una sua coerenza, e la coerenza, in tutti i sistemi democratici, è quella del bilanciamento dei poteri. Non può prevaricare il Governo a danno del Parlamento, così come quest’ultimo non può predominare a danno del Governo. Questa dovrebbe essere la via maestra per tentare una strada di riforme costituzionali con la convergenza della stragrande maggioranza delle forze politiche presenti sul piano parlamentare”. (11 marzo 2008-15:20)





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