PROFESSIONISTI DELLE RIVOLTE ANTI-MUNNEZZA:IL CORRIERE DELLA SERA CI DA' RAGIONE
Data: Lunedì, 04 febbraio @ 10:42:37 CET
Argomento: Cronaca


Caserta - (C7) Una signora molto agitata di Santa Maria La Fossa A.G. ci ha scritto - con toni anche un po' alterati e poco urbani - contestando quanto abbiamo pubblicato il 2 febbraio leggilo qui. Abbiamo cercato di risponderLe dicendo che in Italia vige ancora la libertà di pensiero e che comunque pubblichiamo le voci di tutti, ma la signora, molto infastidita è stata un muro di gomma. Meno male che il Corriere della Sera, il giorno dopo, 3 febbraio, con un articolo scritto da un giornalista affermato, pubblica un articolo dello stesso tenore. Non siamo isolat, dunque.



Caso Ferrandelle: Parente, il sindaco che 'saltella'

SANTA MARIA LA FOSSA (Caserta) (di Marco Imarisio dal Corriere della Sera del 3 febbraio) - Lo Stato c'è, e quando parla diventa rosso in faccia, ha vene del collo gonfie, mani sudate e tremanti. C'è una rivolta in corso, il sito di Ferrandelle occupato dagli abitanti che hanno forzato il blocco della polizia, botte e insulti, confusione e rabbia, animi agitatissimi da entrambe le parti. L'uomo che indossa la fascia tricolore sale su un blocco di cemento, chiede e ottiene silenzio. Il suo messaggio trasuda pacatezza, si intona alla gravità del momento. «Per questa fascia che indosso, io mi sono comportato lealmente nei confronti dello Stato». Pausa teatrale, volto che ormai va dal paonazzo al congestionato. «Ma se questo è il trattamento, che vadano tutti aff...!!!». Novantadue minuti di applausi, il sindaco-campione getta la fascia tra il pubblico in visibilio che si contende la reliquia, viene portato in trionfo. Quando scende, conduce la folla verso la polizia. Avanza saltellando, perché è impegnato anche a dirigere il coro «chi non salta De Gennaro è». Il primo cittadino di Grazzanise si chiama Enrico Parente, fa il medico, è un uomo piccolo, calvo, molto deciso. Ieri ha messo i suoi talenti a disposizione della comunità che aveva preso possesso del campo sul quale dovrebbe sorgere la discarica che rappresenta il cuore del piano elaborato da Gianni De Gennaro per tamponare la marea montante dei rifiuti. È una campagna tetra, quella che si estende dalla provinciale attraverso Casal Di Principe, Capua, Grazzanise, Santa Maria La Fossa. Sembra davvero una landa desolata, quasi che il paesaggio risentisse dei veleni nei quali è stato intriso per decenni. L'orizzonte è dominato dalle cattedrali dei rifiuti. Due collinette dall'aspetto gentile nascondono in realtà due milioni di metri cubi di spazzatura, discariche sotto sequestro perché per anni hanno raccolto senza protezioni per il percolato, che finiva direttamente a concimare la campagna. A mezzo chilometro di distanza c'è il sito per le ecoballe «sbagliate» prodotte dalla Fibe, altri centomila metri cubi. I gabbiani che volteggiano intorno ad un punto fisso annunciano Maruzzella, la discarica in via di bonifica che per un decennio ha accumulato tre milioni di metri cubi di immondizia. I campi dove pascolano le bufale da mozzarella sono qui intorno, sparsi in questo verde che riesce a sembrare brullo anche se non lo è. Sono terreni che fino al 1998, anno del suo arresto, hanno avuto un proprietario, che si chiamava Francesco Schiavone, detto Sandokan, il re della camorra casalese diventata leader nazionale nel business dei rifiuti tossici. I clan gestivano pascoli e masserie e intanto li avvelenavano lentamente. Un ragazzo che dice di chiamarsi Federico punta il dito verso il basso, indicando il prato conteso tra polizia e manifestanti. Annuisce: «Anche qui sotto». È un gesto isolato, il suo. I rifiuti della camorra sono oggetto di silenzi e mezze frasi pronunciate senza nome e cognome. E così, alcuni raccontano di non volere la discarica perché si sommerebbe ai veleni lasciati da Sandokan, che hanno infettato l'area, molti altri spiegano che in questi campi devono pascolare soltanto le bufale. C'è molta confusione, molta rabbia che si mischia ad una legittima preoccupazione per il futuro, ma anche, nei più ragionevoli, l'intenzione di non sottrarsi alle proprie responsabilità. Non è una battaglia ambientalista. Qui ci sono contadini e allevatori decisi a difendere le loro piccole aziende. Chiedono risposte, vogliono essere rassicurati. Nel giro di cinque chilometri sono censiti 970 allevamenti di bufale, per trentamila capi di bestiame. Ma invece di mediare, di cercare una soluzione decente, il sindaco Parente per una lunga mattinata ha scelto di far salire la temperatura, tentando di convincere la sua gente che non ci fosse alternativa allo scontro violento con le forze dell'ordine. «O morte nostra o morte loro», «non c'è spazio per nessuna trattativa, prepariamoci a resistere», «poliziotti mettetevi scuorno, vergognatevi», «qui facciamo la rivoluzione». Quando sembrava che la situazione stesse precipitando, ha preso per la collottola il prete del suo paese che stava dialogando con un vicequestore. «Don Sabatino, iatevenne, non c'è niente da trattare con questa gentaglia». L'uomo dello Stato si è fatto anti-Stato in un posto che è storicamente terra di nessuno. Quando è stato raggiunto un faticoso punto di equilibrio, incontro in prefettura a Caserta, lavori sospesi in attesa di una trattativa, il sindaco è tornato sul muretto per dire che lui era contrario, ma avrebbe lasciato decidere la sua gente, «quelli con figli e nipoti che rischiano la vita per colpa di questo Stato sciagurato ». Alla fine non l'hanno ascoltato, i «moderati» hanno riportato la calma. E il sindaco Parente si è incamminato verso la prefettura, a trattare con il «suo» Stato. Questa volta, senza saltellare.





Questo Articolo proviene da Casertasette
https://lnx.casertasette.com

L'URL per questa storia è:
https://lnx.casertasette.com/modules.php?name=News&file=article&sid=13762