nCaserta Sette - informazione - news - attualità - cronaca - sport - turismo - musica e arte - reggia di caserta - giornalisti - giornalismop - attualità - omicidi - rapine - storia di caserta - per caserta - in caserta - con caserta


Privacy Policy / Cookies


IL TG ON LINE E' OFFERTO DA


GUARDA QUI LE VIDEONEWS


TV LIBERE: GIORNALISTI DI CASERTA A MATRIX


Il Blog di Prospero Cecere


UFFICI STAMPA TOP TEN A CASERTA (New Entry)

  
  Collabora con Noi
  Per Aziende ed Enti
  La tua vicenda qui
  Archivio Giornali
  Gerenza
  Servizi Emittenti Tv
  Spot & Doppiaggi
  Archivio Servizi Tg
  I tuoi ricordi in Dvd
  Musica-Party-Sfilate
  www.sannioturismo.com



  Archivio news
  Argomenti
  Cerca nel sito
  Invia una news
  Lista iscritti
  Messaggi privati
  News
  Recommend_Plus
  Sondaggi
*INTERVISTE - RESISTENZA: PARLA LO STORICO VINCENZO MARIA DE LUCA*


Giovanna Canzano
intervista
VINCENZO MARIA DE LUCA
1° novembre 2006


MEMORIA NON CONDIVISA

- DOMANDA. La memoria storica in quest’ultimo periodo è messa in discussione da intellettuali revisionisti. Tu come riscriveresti la resistenza?

RISPOSTA. Più che un modo nuovo di “riscrivere” la Resistenza è un modo di “scrivere” la Resistenza, proprio perché non è mai stata scritta a mio parere.
Ci hanno raccontato solo una storia che pendeva drammaticamente a sinistra e, proprio in questi giorni, si sta parlando della resistenza cattolica e, finalmente si inizia a dire che la resistenza cattolica non aveva una sola anima ma in realtà ne aveva due: un’anima democratica e un’anima totalitaria.
Non è vero come ci fanno credere i comunisti che Togliatti fu un padre della Costituzione, che loro furono gli artefici della democrazia. I comunisti, in realtà, lottavano per la presa del potere. Queste non sono parole mie, nel mio ultimo libro, cito le parole del generale Cadorna che nel ’44 era il Comandante Generale del Corpo Volontario della Libertà, cioè di alcune formazioni militari che combattevano nella Resistenza. E, Cadorna diceva espressamente, che nella resistenza non c’era una sola anima ma più anime, e che mentre c’era chi combatteva per il ripristino dei valori democratici che erano stati aboliti dal fascismo, c’erano invece altri, i comunisti che combattevano per la presa del potere. Se questo lo affermava Cadorna nel ’44, penso che sia degno di fede.
Che poi l’Italia sia entrata nella sfera occidentale di influenza e quindi nel mondo libero di stampo statunitense, ha fatto sì che i comunisti mimetizzassero i loro obiettivi che, non erano soltanto quelli di combattere il nazismo e il fascismo, ma quello di espandere l’ideale stalinista nel mondo occidentale.
E, lo posso affermare anche io che sono uno storico della Venezia Giulia. Quello che è successo nella Venezia Giulia dove, Tito, esponente dello stalinismo sovietico, ha rubato le nostre terre, ha ucciso e infoibato i nostri connazionali, costretto a fare esodare 350000 italiani di Istria.
Questo era il vero volto del comunismo sloveno che, alleato al comunismo italiano voleva vendere quelle terre alla Jugoslavia.
Gli americani hanno spinto, poi il Nostro Paese verso l’occidente.

- DOMANDA. Esiste un filo conduttore che lega il fascismo ai giorni nostri?

RISPOSTA. Anche il fascismo all’inizio era socialismo e l’ideale mussoliniano era quello del corporativismo, cioè le corporazioni delle arti e dei mestieri che collaboravano insieme.
Come il famoso discorso dell’Aventino, delle membra e lo stomaco: sono indispensabili il braccio e la mente. Quindi il discorso mussoliniano delle corporazioni, delle collaborazioni tra le varie classi sociali, era alla base del famoso manifesto del lavoro di Verona durante la Repubblica Sociale Italiana. Gli operai partecipavano direttamente alla gestione della fabbrica dividevano gli utili e c’era una rapporto di collaborazione con il datore di lavoro, che è fondamentale.
Certamente questo è contro l’idea dello statalismo comunista, la storia c’è l’ha insegnato.
Al di là di quello che è l’ideologia comunista delle masse, abbiamo visto nell’unione sovietica e in tutti i paesi satelliti del patto di Varsavia come può essere tradotto lo statalismo sovietico. Quindi c’è stata veramente una dittatura che è andata proprio contro il proletariato, perché è vero che si assicurava un minimo salariale garantito a tutti, ma era un minimo che poi permetteva di emergere, quindi il comunismo, lo statalismo, sono il contrario del liberalismo ed è anche il contrario della collaborazione tra le classi.
Nella resistenza c’erano due anime: non c’erano soltanto i comunisti ma c’era anche la resistenza bianca, quella cattolica. Poi nel marasma della liberazione, il monopolio di questa lotta è andato al partito comunista quello più organizzato che si è arrogato tutto il merito della lotta della liberazione del paese e delle imprese.
Alcune delle opere nazionali come per esempio la maternità, l’infanzia l’Eni stessa che poi sarebbe diventata multinazionale come la Montedeison etc., ebbe origini nel fascismo.
Sua era l’idea di uno stato corporativo dove tutte le corporazioni collaboravano insieme per il bene dello Stato, invece l’ideale comunista era esattamente i contrario, proprio perché affondava le radici nel marxismo e nel troskismo.
Era lotta di classe, la famosa legge del plus valore. Era insito il risveglio della classe operaia. Essi volevano inculcare negli operai i concetti della lotta di classe di rivolta del proletariato di odio verso la borghesia e il capitalismo. E questo poi, è stato alla base delle contestazioni del ’68.
E’ un discorso strisciante che poi è venuto avanti e che purtroppo ritorna ancora oggi in questi momenti di crisi. Dopo l’11 settembre la guerra, la crisi, l’entrata dell’euro, proprio nell’insicurezza la sinistra affonda le sue radici e quindi ricomincia la contestazione, i movimenti contro il capitalismo, contro la borghesia, senza capire che tutto ciò mina le basi dell’economia.
Per esempio io ho tutto l’interesse che la mia segretaria lavori bene sia ben retribuita che è un bene per l’azienda.
La sinistra tende invece a fomentare le classi lavoratrici contro i datori di lavoro senza capire che fanno un danno perché se l’azienda chiude, se il datore di lavoro cessa di imprendere, non ci sarà lavoro neanche per loro e non potranno andare a chiedere aiuto allo stato, perché oggi l’epoca per cui lo stato elargisce a piene mani l’assistenzialismo non può più esserci.
Bene o male, indipendentemente da qualsiasi ideologia politica, l’economia segue altre vie. C’è la globalizzazione, il liberalismo, il libero mercato, c’è la concorrenza, non ci sono più mercati chiusi. Oggi la Cina si sveglia ed è la crisi per tutto il pianeta.
Quindi l’economia odierna è globale e in questo discorso globale della libera concorrenza, il comunismo è obsoleto anche dal punto di vista commerciale.

DOMANDA. Proviamo a fare un parallelismo con l’economia nell’ex Unione sovietica.

Oggi non esistono più ovviamente leggi di mercato dell’ex Unione Sovietica. E’ vero che alcuni rimpiangono i tempi passati, ma oggi l’economia ti spinge a darti da fare ad emergere.
Ma ci sono dei contraccolpi negativi anche nel liberalismo che ha i suoi limiti. Non tutti hanno la capacità e le possibilità di emergere e quindi è più difficile organizzarsi nei momenti di crisi, e così si dice che: “si stava meglio quando si stava peggio”.
Oggi la società non può garantire l’assistenzialismo. Non c’è più un’economia chiusa, una cultura chiusa, oggi siamo aperti a tutto e quindi questo discorso di apertura globale coinvolge anche l’economia, la cultura, la socialità, la religione.

DOMANDA. Cosa ne pensi del nostro nuovo pontefice?

RISPOSTA. Ratzinger è un uomo che io stimo tantissimo. Era un cardinale intransigente della Bavaria, un po’ l’ala dura del conclave. Ora vedremo come intende riconciliare un certo ritorno alle tradizioni con un bisogno di apertura della Chiesa.
Papa Giovanni Paolo II è stato un grande papa, però è stato anche molto intransigente, si è messo per certi versi in un discorso quasi di trincea. Il nuovo papa, in un certo senso, rappresenta proprio la continuità.
Bisogna vedere se papa Benedetto XVI riuscirà a conciliare il discorso di rinnovamento della Chiesa, di apertura verso i popoli, i frequenti viaggi che faceva papa Giovanni Paolo II, con un discorso di rigore, di ritorno all’antico, sempre presente nella chiesa.



BIOGRAFIA
Vincenzo Maria De Luca è nato a Roma nel 1958, è laureato in medicina e chirurgia. Appassionato di storia contemporanea, da alcuni anni si dedica allo studio di quei tragici avvenimenti che furono le foibe, l'esodo e le mutilazioni territoriali, successive al secondo conflitto mondiale, che sconvolsero letteralmente l'italianità di terre come la Venezia Giulia e l'Istria. Alterna alla sua attività di medico quella di ricercatore storico, soggiornando periodicamente a Trieste, Gorizia, e in Slovenia, dove raccoglie in prima persona do*****entazioni e testimonianze direttamente dai protagonisti, indipendentemente dalla loro nazionalità e fede politica.
E' socio della Società di studi Fiumani di Roma, della Unione degli Istriani, libera provincia dell'Istria in esilio, dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. E' membro del Comitato scientifico del Centro Studi e Ricerche Storiche "Silentes Loquimur" di Pordenone.

Per la casa editrice ‘Il Settimo Sigillo’ ha pubblicato:

FOIBE, Una tragedia annunciata. 2000
E' difficile trovare nei libri di storia un'esatta do*****entazione sulle Foibe. Spesso leggiamo menzogne, falsità, approssimazioni. Questo libro, dopo un excursus sulla storia della Venezia Giulia, ne traccia una verità non di parte, al fine di far comprendere la tragedia di quei popoli e del loro genocirdio ed esodo a lungo dimenticato



VENEZIA GIULIA 1943, Prove tecniche di guerra fredda. 2003
La Venezia Giulia del 1943 è stato teatro non solo di una guerra civile fra due fazioni in lotta, ma anche terra di conquista da parte del IX Korpus tititno.
Ciò che è accaduto in quel lembo d'Italia, dalla nascita della Repubblica Sociale Italiana fino altrattato di Osimo, è stata una vera e propria guerra fredda; combattuta da due diverse concezioni politiche, da due opposte visioni del mondo.
Non si può comprendere la storia del dopoguerra italiano e jugoslavo, fino alla crisi di fine secolo, se non si comprende l'origine della questione friuliana e dalmata, e il dramma dell'esodo di quelle popolazioni scacciate dalla propria terra. L'eccidio di Porzus è il momento più significativo ed emblematico di quella tragedia.


giocanzano@virgilio.it
338.3275925

 
· Inoltre Cultura
· News di redazione


Articolo più letto relativo a Cultura:
INCHIESTA PARMALAT: UN SOLO GIORNO DI CARCERE PER GAETANI

Punteggio medio: 0
Voti: 0

Ti prego, aspetta un secondo e vota per questo articolo:

Eccellente
Ottimo
Buono
Normale
Cattivo



 Pagina Stampabile  Pagina Stampabile

 Invia questo Articolo ad un Amico  Invia questo Articolo ad un Amico

www.casertasette.it