Con buona pace delle definizioni tradizionali, anche lo spettacolo in programma domani 9 settembre al teatro della Torre sarà un unicum senza precedenti. In scena due romani d’eccezione, Antonello Venditti e Federico Moccia, orchestrati dall’arguzia del critico Fabrizio Zampa, nota firma de Il messaggero.
Non un concerto e neanche un reading. Piuttosto “un salottone”, come dice lo stesso Venditti: “Un angolo in cui mettere a confronto generazioni diverse con l’aiuto di qualche canzone”. Al centro della scena, dunque, uno scambio di pensieri e di vedute, ma anche due pianoforti: i musicisti del cantautore romano (Alessandro Centofanti al piano e Amedeo Bianchi al sax) saranno infatti pronti a qualsiasi evenienza. A suggerire gli eventuali brani eseguiti da Venditti saranno i temi toccati dai tre protagonisti della serata. “Magari – anticipa il cantautore in un’intervista a Il mattino - potrei proporre canzoni poco frequentate come Lilly, uno sguardo al lato oscuro della mia generazione”. Sono molto diverse le epoche vissute da Venditti e Moccia, sullo sfondo della stessa Roma, che ha assunto ora le tinte forti degli anni di Piombo, ora quelle parioline dell’ultima generazione. “Potrei cantare Modena”, preannuncia ancora Venditti: “Per spiegare una percezione molto diversa della politica rispetto a quella dei ragazzi di oggi”. A Fabrizio Zampa il compito di scavare, con l’incisività del giornalista navigato, tra le pieghe di queste differenze.
“Si tratta di una conversazione insospettabile per pensieri, segreti e cose della vita. Ovvero parole, note e altro ancora”, spiega il direttore artistico Casimiro Lieto. “A chi si aspetta un concerto tradizionale, dico che non lo è, come nessuna delle nostre proposte è stata, fin qui, frutto delle abitudini. Un festival deve produrre occasioni, fuori dalla logica industriale dello spettacolo a pagamento”. Lo spettacolo di domani sarà anche un occasione per il pubblico. Antonello Venditti, infatti, ha già anticipato la sua disponibilità a farsi intervistare dagli spettatori e, perché no, ad accogliere anche qualche richiesta musicale in un gioco di dediche fuori programma, com’è nella logica di questa trentaseiesima edizione di Settembre al Borgo, che fa della libertà il suo liet motiv. Gli spettacoli sono liberi di deviare da qualsiasi scaletta ufficiale, lasciando spazio all’improvvisazione, che è l’anima stessa dell’arte. (8 settembre 2006-14:24)
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