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DIFFAMAZIONE, PENE ESAGERATE: FELTRI TITOLA 'LIBERO' SUL SUO CASO

La diffamazione va depenalizzata. Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi dopo la condanna ad un anno e mezzo di carcere per Vittorio Feltri che oggi per attirare l'attenzione sui due pesi e sulle due misure della giustizia, ha dovuto titolare il giornale che dirige, 'Libero', sul suo caso e con tanto di foto. C'è da dire che in Italia giornali e giornalisti sono così pronti per campagne stampa sulle leggi cosiddette ad personam (ma poi perchè, va anche detto, in Italia c'è solo Berlusconi, Previti e affini che hanno bisogno di quelle leggi che sembrano costruite apposta???), mentre cavalcano poco le assurdità delle pene per la diffamazione a mezzo stampa glissando anche sull'amnistia benchè chiesta più volte a suo tempo anche dal Santo Padre Giovanni Paolo II. Invece si assiste alla condanna di un anno e mezzo per Feltri e dall'altra parte ai permessi premio concessi ad un omicida che replica con l'assassinio di un carabiniere(BS)


Il giudice monocratico di Bologna Letizio Magliaro ha condannato il direttore di Libero, Vittorio Feltri, ad un anno e sei mesi per la diffamazione del senatore Ds Gerardo Chiaromonte, poi scomparso nel 2003. Il processo era relativo ad un articolo apparso a fine anni '90 sul Qn, il quotidiano nazionale della Poligrafici Editoriale, proprietaria anche de Il Resto del Carlino, la Nazione e il Giorno, di cui a quel tempo Feltri aveva assunto la direzione. Nel pezzo il nome del senatore veniva indicato come uno di quelli inseriti nel dossier Mitrokhin, ovvero la lista di collaboratori occulti dell'Unione Sovietica compilata da un ex archivista del Kgb. Feltri, in particolare, era direttore di Qn. Nello stesso processo, invece, è stato assolto Gabriele Canè, allora direttore de il Resto del Carlino. Sulla condanna a Feltri ha preso posizione anche il premier Silvio Berlusconi: «Resto sconcertato di fronte alla notizia che un giornalista del calibro e con la storia professionale di Vittorio Feltri venga condannato, per di più ad una pena assolutamente straordinaria, un anno e mezzo di reclusione, per un reato di opinione» ha detto il Cavaliere in una nota. Si tratta, ha aggiunto di «una pena che in Italia non viene comminata per reati ben più gravi. A questo punto è definitivamente urgente la depenalizzazione dei reati a mezzo stampa che la Camera ha già approvato a larga maggioranza». Feltri ha deciso che risponderà direttamente dalle pagine del suo giornale. «Feltri condannato al carcere» è il titolo della prima pagina di Libero di martedì. Più sotto il catenaccio: «Un anno e mezzo di galera per una querela sulla lista Mitrokhin, colpa di una legge che non è stata cambiata».(14 febbraio 2006-02:11)

L'articolo di Vittorio Feltri oggi su Libero

Saranno state le diciannove di ieri, stavo parlando sul cellulare con un tale, quando hanno bussato alla mia porta. Avanti!, ho gridato spazientito. È entrato Alessandro Sallusti con un foglio in mano, un dispaccio di agenzia. Me lo porge con fare circospetto. Lettura interessante. Vittorio Feltri è stato condannato a un anno e mezzo di reclusione dal Tribunale di Bologna. Salto sulla sedia. Che roba è? Mai rapinato banche, semmai sono stato rapinato da una banca e nessun magistrato è intervenuto. Mai ucciso neanche le zanzare. Furti, zero. Mai schiaffeggiato alcuno. Leggo avidamente e scopro l'incredibile. La sentenza si riferisce a un fatto dell'ottobre 1999. Era uscita la lista Mitrokin (grafia all'italiana), quella dei signorini di casa nostra che percepivano stipendiucci dal Kgb allo scopo di raccontare quattro balle agli spioni sulla situazione del Belpaese. All'epoca ero direttore editoriale e direttore (non responsabile) del Gruppo Monti-Riffeser nonché del Quotidiano Nazionale ossia Resto del Carlino, Nazione e Giorno. Avevo un contratto di consulenza e di collaborazione, venivo remunerato per ogni pezzo pubblicato, il che dimostra una cosa: avevo un ruolo di guida editoriale e non una collocazione gerarchica, altrimenti sarei stato a libro paga, l'editore mi avrebbe versato i contributi pensionistici e mutualistici eccetera. La notizia dello scandalo Mitrokin fu piazzata in prima pagina, com'era ovvio e come fecero tutti i giornali. Sotto, un articolo e una tabella con i nomi degli aiutanti del Kgb, materiale diffuso dalle agenzie e fornito dalla nostra redazione romana. L'articolo di fondo fu vergato da Renato Farina; significa che non ero in sede, viceversa avrei provveduto personalmente a redigerlo. Nella lista dei birichini era inserito il nome di un comunista che alla fine risultò estraneo al pasticciaccio. Il quale querela. La mia esperienza al Gruppo Monti-Riffeser si conclude presto, pochi mesi di attività. Me ne sono andato così, sui due piedi, non una lira di liquidazione, non uno stipendio, soltanto consulenze e collaborazioni. Non avevo pretese, campavo del mio. Inoltre dirigevo il Borghese, che molto mi divertiva, un settimanale di nobile nascita, poi decaduto quindi riportato a 50 mila copie. Miracolo. Ma i miracoli non fregano niente a nessuno, men che meno ai miracolati. Apro Libero. Intanto la querela va avanti e me ne dimentico, la considero una scemenza. Che c'entro io? Mica ero direttore responsabile. Mica ero un gerarca. Mica venivo retribuito per controllare la liceità né la correttezza dei testi e dei titoli. Rispondevo solo dei miei pezzi e della linea del quotidiano. La linea non attiene ai nomi, alla verifica delle notizie. Altri erano chiamati a questi compiti. Trascorrono sei anni e passa. E ieri sera mi notificano: condannato a un anno e mezzo di galera. Non ce l'ho col giudice, una signora mai vista né conosciuta. Ha agito in buona fede, ne sono sicuro, ignara dei fatti, del mio contratto, delle mie funzioni. Ma forte della legge. Secondo la magistratura sarei complice del cronista autore dell'articolo in cui figurava il nome del tizio innocente. Secondo lei avrei suggerito io al cronista di ficcare quel cognome fra le righe. Chissà chi glielo ha detto. Chissà perché gli ha dato retta. Sta di fatto che mi ha rifilato la galera. La ringrazio per la serenità e la oggettività del giudizio. Ringrazio l'avvocato del Gruppo per la brillantezza della difesa. Ringrazio il Parlamento italiano per non aver depenalizzato i reati a mezzo stampa diversamente da quanto avvenuto in tutti gli altri Paesi dell'Unione europea. Non mi sento né una vittima né un eroe né un martire. Sono e rimango soltanto un cittadino italiano in balia del caso, anzi del casino. Non mi vergogno di andare in prigione. Ma avrei preferito andarci per un articolo scritto da me e non da uno scemo che non era e non poteva essere alle mie dipendenze. Un saluto dal vostro malvivente Feltri.(Libero del 14 febbraio 2006)

 
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