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CASERTA, ALIMENTARE: BUFALE CERTIFICATE PER UNA MOZZARELLA PIU' SICURA


Un guscio di ceramica del peso di qualche grammo al cui interno pulsa un cuore tecnologico. E' il "bolo ruminale", un minuscolo chip che per gli allevatori bufalini della regione Campania ha il sapore dell'uovo di Colombo. Un surrogato di tecnologia protagonista della prossima rivoluzione zootecnica campana, al più tardi in primavera, e che consentirà l'identificazione certa di tutti i capi bufalini della regione, andando ad aggiungersi alla marcatura auricolare, obbligatoria da tempo ma, evidentemente, insufficiente. Una iniziativa nata dall'accordo tra gli assessorati regionali di Sanità e Agricoltura e l'Associazione allevatori regionali campani. "Si tratta di una svolta nel campo dell'anagrafe bufalina - dice soddisfatto il presidente dell'Associazione regionale allevatori campani Gioacchino Maione - Il bolo ruminale ci consentirà di superare il problema delle marche auricolari applicate ai capi". Il bufalo, infatti, ha dimostrato di non "gradire" particolarmente la cosiddetta bandiera auricolare, cioé il marchio applicato all'orecchio che reca i dati anagrafici dell'animale, oltre che il numero di matricola riportato sulla scheda anagrafica. "I bufali sono animali poco mansueti - continua Maione - Allevati allo stato semi-brado, spesso finiscono per perdere la 'bandiera' mentre scorrazzano liberamente o ingaggiano duelli con i loro simili. Il chip risolverà il problema. Il bolo, infatti, una volta assunto per via orale dall'animale, si depositerà nel primo stomaco del ruminante dove, grazie al suo peso specifico, non sarà rigurgitato, ma vi rimarrà per tutta la vita. Inoltre, tutti gli allevatori saranno dotati di specifici rilevatori elettronici grazie ai quali, pigiando un semplice pulsante, sarà possibile recuperare i dati anagrafici degli animali ogni qualvolta sarà necessario". Con oltre 170mila capi, la Campania è la regione con il maggior numero di allevamenti bufalini d'Italia e la soddisfazione tra le associazioni provinciali degli allevatori è evidente". "Era ora - esclama soddisfatto Francesco D'Orsi, direttore dell'Associazione Allevatori di Caserta, che conta il numero più alto di capi bufalini della penisola, ben 135mila, il 70% dell'intera popolazione bufalina d' Italia - Questo accordo conferma la bontà della legge regionale del 3 febbraio dello scorso anno, nata proprio per salvaguardare il patrimonio bufalino campano e garantire i consumatori". Già, i consumatori. Con i boli ruminali, sarà infatti molto più difficile realizzare frodi alimentari. "Fino a ieri - sottolinea - era possibile scambiare le marche auricolari delle bufale, data anche la loro notevole somiglianza morfologica. Dalla prossima primavera, tutto ciò non sarà più possibile. Ma, detto per inciso, gli episodi registrati di animali malati utilizzati per la produzione nel settore bufalino sono davvero pochi". Tra l'altro, grazie ai chips, mozzarelle, ricotte e formaggi di bufala saranno ancora più sicuri. "I boli - continua D'Orsi - grazie ad un minuscolo software interno, registreranno giorno per giorno la produzione di latte, contribuendo da un lato alla gestione delle singole aziende, e dall'altro consentendo di individuare eventuali aggiunte di latte di origine sconosciuta". Soddisfatto anche Giuseppe Morese, presidente allevatori di Salerno, che, con la sua provincia, conta oltre 35 mila capi bufalini sparsi in decine di allevamenti. "Questione annosa finalmente risolta. Per superarla, in provincia era anche partita una campagna di marcatura sulla zampa degli animali con azoto liquido. Ma l'accordo dell'ARAC con gli assessorati regionali taglia la testa al toro". "Complimenti al presidente Maione - chiude Ettore Bellelli, vice-presidente dell'Associazione Nazionale Allevatori Specie Bufalina - Ci si ostinava ad applicare le bandiere auricolari su animali tutt'altro che addomesticati. Un po' come voler infilare un bracciale intorno alla zampa di un leone..."(19 gennaio 2006-21:52)

 
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