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CASERTA, GUERRA E PACE: NOGARO ATTACCA VENTRE E CHIESA IN "DIFFERITA"

A distanza di due mesi dalla Marcia della Pace tenutasi a Caserta il 10 dicembre 2004 e da un protocollo di intesa siglato tra la Provincia di Caserta e l'Esercito il 13 dicembre 2004, il vescovo Nogaro attacca, dalle colonne dell'Unità, il presidente della Provincia Riccardo Ventre ed alcuni uomini di Chiesa. Di seguito l'articolo apparso sul quotidiano comunista lo scorso 4 febbraio


«Le forme di corteggiamento delle armi portano sempre alla guerra. E la guerra è il feudo del crimine e della morte. Anche quando può recare illusioni di liberazione, come oggi in Iraq. Non esiste la giustizia dei carri armati». Raffaele Nogaro, vescovo di Caserta, torna a rilanciare con forza la cultura della Pace in occasione della giornata della vita. E lo fa a suo modo, senza mediazioni, con un linguaggio diretto, che sicuramente non mancherà di suscitare ulteriori polemiche. Il vescovo di Caserta si dice preoccupato «dall’oscuramento delle coscienze». La sua preoccupazione nasce da una iniziativa che il presidente forzista dell’Amministrazione provinciale di Caserta, Riccardo Ventre, ha promosso il giorno dopo che a Caserta hanno sfilato migliaia di pacifisti. Ventre ha sottoscritto un protocollo d’intesa con il Distretto militare che approva un calendario di interventi nelle scuole superiori, per presentare ai giovani le opportunità occupazionali offerte dalle Forze Armate. Nogaro critica questa come iniziativa militarista volta a diffondere tra i giovani una cultura di morte: «I giovani che nella scuola e nelle varie istituzioni si preparano a coltivare e a promuovere i doveri dell’uomo e della vita, - dice Nogaro – con questa iniziativa dovranno imparare che il bene primario è l’uso della forza e che bisogna essere attivi in quegli organismi, dove anche la prepotenza diventa ragione. Ma non è possibile sopportare una profanazione degli ideali così subdola e pervicace. Non si può affermare che si “chiamino alle armi” i giovani e le donne, perché si vuol dare loro lavoro e dignità. Allora tutti i valori della vita diventano insensati – spiega il vescovo - e allora si ha la babele delle lingue, per cui l’invasione militare di un paese diventa “missione di pace”, le armi diventano “oggetti sacri e benedetti”, perché servono a “distruggere le tirannidi” e a portare “democrazia e libertà” ai popoli oppressi». Nogaro non risparmia critiche nemmeno a quelle posizioni all’interno della Chiesa che tollerano e benedicono la cultura della guerra. «La chiesa italiana sembra tollerare certe espressioni sociali, che sono delle equivocità dissacranti. La chiesa dovrebbe condannare l'aumento delle spese militari nel nostro paese, in un tempo in cui si fanno i tagli alla scuola, alla sanità, alla ricerca scientifica, alla cooperazione e al sostegno delle categorie più povere. Dovrebbe farsi vanto dei "pacifisti", che non sono certo dei Ponzio Pilato e quantomeno amici dei terroristi, ma persone coraggiose capaci di dare un segnale genuino che i "sentieri di Isaia", i sentieri della pace universale, si stanno aprendo. Dovrà chiarire che Francesco è eminentemente uomo di pace, anche se un politico, in un discorso ad Assisi, lo vuole un crociato militante». Ma non è finita. Il suo grido a difesa della vita, sembra arrivare fino alle alte sfere del Vaticano: «La Chiesa dica "basta"! agli uomini di chiesa, che chiamano "beati operatori di pace" ragazzi, personalmente innocenti, ma che muoiono con in pugno le armi della minaccia. La chiesa non può permettere che il valore supremo della pace e che la cultura della pace, vengano catturati e snaturati da logiche di potere».

 
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