Dal 1991 al giugno 2003 sono stati
132 i consigli comunali sciolti per fenomeni connessi al
condizionamento e all' infiltrazione della criminalità
organizzata, e 289 gli amministratori locali (di cui 246 al Sud,
32 al Centro e 11 al Nord) rimossi per gravi e persistenti
violazioni di legge o motivi di ordine pubblico. Sono alcuni dei
dati che emergono dalla relazione della Commissione parlamentare
d'inchiesta sulla criminalità organizzata mafiosa o similare.
Teatro dello scioglimento dei consigli comunali sono state
quasi sempre le regioni meridionali, con l'unica eccezione di
Bardonecchia (Torino) in Piemonte. Il primato spetta alla
Campania, con 59 provvedimenti di scioglimento, seguita da
Sicilia (37), Calabria (27), Puglia (7), Basilicata e Piemonte
(1), mentre tra le province, in cima alla lista ci sono Napoli
(31), Caserta (20), Palermo (18), Reggio Calabria (17), Catania
(9) e Catanzaro (6).
In quindici comuni è stato adottato due volte il
provvedimento sanzionatorio, per realizzare opere pubbliche già
avviate, contrastare l'abusivismo edilizio, garantire la
trasparenza di gare per la fornitura di servizi. Tratti
sintomatici della collusione con soggetti appartenenti ad
organizzazioni criminali sono infatti l'assenza di piani
regolatori, l'abusivismo dilagante, la carenza dei servizi di
polizia municipale e di raccolta dei rifiuti, le scuole in stato
di abbandono e la devastazione del territorio.
Anche se rispetto al picco del '93 (quando si ebbero 34
provvedimenti sanzionatori), si e' riscontrato un andamento
decrescente, la Commissione ha evidenziato che "si staglia in
modo palese la questione del mancato allontanamento dei pubblici
dipendenti rispetto all' azzeramento dei vertici politici",
riferendosi per la precisione a "scioglimento non produttivi di
effetti sugli apparati burocratici, sulla gestione degli enti
collegati e l' erogazione di servizi".
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