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CAMORRA, ARRESTO BOSS: I RETROSCENA, GLI AIUTI, LE INDAGINI E LE VOCI DI CASALE


Caserta, Novembre 2010 - (Casertasette) - - Quel viso da ragazzino gli era valso il soprannome di O'ninnò, il bambino, ma Antonio Iovine, 46 anni, primula rossa dei Casalesi arrestato oggi dopo quattordici anni di latitanza, ha alle spalle una carriera criminale di tutto rispetto con una passione per quegli affari che nel tempo hanno fatto sì che a O'ninno si sostituissero soprannomi come il 'boss manager' o 'il ministro della spazzatura', con il cemento, uno dei suoi business preferiti. Originario di San Cipriano d'Aversa (Caserta), Iovine era nell'elenco dei trenta latitanti più pericolosi d'Italia: ora che è stato arrestato dovrà scontare la pena dell'ergastolo comminata nei suoi confronti nell' appello del maxiprocesso Spartacus, a giugno del 2008. Con l'altro superlatitante Michele Zagaria, Iovine componeva la diarchia che dalla latitanza ha diretto gli affari criminali del clan dei Casalesi, facendone quell'impero così ben descritto nel libro di Roberto Saviano 'Gomorra'. Iovine è il 'boss manager', la mente imprenditoriale del sodalizio. A lui viene attribuita la capacità del clan di espandere i propri interessi ben oltre i confini campani, a Roma, ma anche nel Nord Italia, in Umbria e in Toscana. E' Iovine, per gli inquirenti, a rappresentare per anni la camorra imprenditrice nel settore delle costruzioni, che fa affari e che ricicla i proventi delle attività illecite, droga e racket su tutte, nell'economia legale e nel business del cemento fino a costruire l'impero di 'Gomorra', come testimoniano i continui sequestri di beni per miliardi di euro disposti da parte della magistratura. Negli ultimi anni arresti e sequestri patrimoniali hanno fatto terra bruciata attorno al boss ma lui sembrava imprendibile. Poi il cerchio si è stretto attorno a lui: a novembre dello scorso fu arrestato uno dei nipoti. Prima, a marzo, era finita in manette la sorella Anna. Stessa sorte per la moglie Enrichetta. Il fratello Carmine, invece, fu assassinato in un agguato nel 1994. Ma l'arresto più importante risale al febbraio di quest'anno: in manette finisce quello che gli investigatori considerano il braccio destro di Iovine, Corrado De Luca, preso in un appartamento di San Cipriano D'Aversa, dove Iovine è nato e cresciuto. E' per conto di Iovine che gestisce affari e interessi nel campo della ristorazione. Da allora le voci su una possibile cattura della primula rossa dei Casalesi si fanno più insistenti, fino all'epilogo di oggi quando 'O'Ninnò è stato stanato a Casal di Principe, nella roccaforte del clan.

IL PROCURATORE: AIUTATO DALLA GENTE DEL POSTO

Il fatto che Antonio Iovine sia stato catturato a Casal di Principe, roccaforte del clan dei Casalesi, "vuol dire che la gente del posto gli ha dato una mano". Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Napoli, Giovandomenico Lepore, nel corso della conferenza stampa in cui sono stati illustrati i particolari della cattura del boss. "Forse per solidarietà, forse per altri motivi - ha aggiunto Lepore - ma non vi è alcun motivo che si può giustificare". Il procuratore ha sostenuto che questa rappresenta "una nota amara". Lepore ha ricordato che il primo provvedimento cautelare nei confronti di Iovine risale al 1985. Il procuratore si è complimentato con la polizia di Napoli, in particolare con gli investigatori della squadra mobile, sottolineando che "tutte le forze dell'ordine in questi anni hanno lavorato in sinergia, senza contrasti, e quando si lavora così i risultati vengono". Il procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho, coordinatore della Dda, che da anni si occupa delle inchieste sui clan del Casertano, ha affermato che la cattura del boss rappresenta "un risultato importante" perché con essa "si è decapitato il clan". Il magistrato ha sottolineato l'importanza delle intercettazioni telefoniche e ambientali "strumenti tradizionali, ma sofisticati e costosì ed ha inoltre lanciato l'allarme sulle risorse a disposizione che "vengono assottigliate". "Ridurre la possibilità di utilizzare questi strumenti significa non conseguire questi risultati", ha detto Cafiero. Di Iovine gli investigatori avevano a disposizione solo una foto risalente a una ventina di anni fa, un'immagine molto diversa dall'attuale fisionomia del boss. Alla conferenza stampa hanno partecipato i questori di Napoli e Caserta, Santi Giuffré e Guido Longo, il capo della squadra mobile di Napoli Vittorio Pisani, e diversi magistrati della Dda partenopea che si occupano di indagini sui Casalesi come Antonello Ardituro, Raffaello Falcone, Alessandro Milita, e Cesare Sirignano.

LA TELEFONATA INTERCETTATA SUL PANETTONE L'operazione della squadra mobile di Napoli che ha portato alla cattura del boss dei Casalesi Antonio Iovine è entrata nella fase cruciale in seguito a una intercettazione telefonica sull'utenza di una delle persone presso cui il camorrista di era stabilito. Lo si è appreso negli ambienti della Dda e della polizia di Napoli. Ieri sera è stata infatti intercettata una telefonata in cui si avanzava all'interlocutore una richiesta ritenuta insolita come quella dell'acquisto di un panettone. Sarebbe stata tale circostanza a indurre negli investigatori il fondato sospetto sulla presenza di Iovine nella abitazione di via Cavour a Casal di Principe. Secondo gli inquirenti, Iovine da almeno sei o sette mesi si nascondeva presso la famiglia di Marco Borrata, il 43enne incensurato arrestato per favoreggiamento. Iovine avrebbe trascorso gran parte della sua latitanza nel suo paese, con rari spostamenti, soprattutto in Francia, nonché in Emilia e in Toscana, regioni dove il clan avrebbe esteso le sue attività economiche.

LATITANTI OBBLIGATI A STARE NEI LORO PICCOLI PAESI: FUORI NESSUNO E' RE

Come tutti i pezzi da novanta di mafia e camorra alla fine è stato scovato nel suo territorio, dove godeva di amicizie e connivenze ed era protetto da una rete impenetrabile di omertà. La latitanza di Antonio Iovine, boss del clan dei Casalesi, si è conclusa là dove era cominciata, 14 anni fa, a Casal di Principe, roccaforte della cosca più potente della Campania. A catturarlo gli agenti della squadra mobile di Napoli, diretti da Vittorio Pisani, che erano da tempo sulle sue tracce. Iovine si nascondeva in un villino di via Cavour, dove veniva ospitato dal proprietario, Marco Borrata, 43 anni, muratore incensurato, arrestato con l'accusa di favoreggiamento. Era Borrata, insieme con la moglie e una figlia, a prendersi cura del latitante, e di questo gli investigatori della squadra mobile ne erano ormai certi tanto da "monitorare" tutta una serie di "siti", ovvero di abitazioni e nascondigli riconducibili alla famiglia. L'operazione è entrata nella fase decisiva dopo l'intercettazione di una conversazione telefonica risalente a poche ore prima della cattura in cui uno dei familiari avanzava la richiesta di un panettone, circostanza che avrebbe convinto i poliziotti della presenza in casa del boss. Alla vista degli agenti lui non ha opposto resistenza. In casa non c'erano armi e, al termine del sopralluogo, è stata scoperto un piccolo bunker che tuttavia non sarebbe mai stato utilizzato. Nessuna soffiata ha messo la polizia sulla strada giusta, hanno tenuto a precisare gli inquirenti. La cattura ha rappresentato il risultato di una lunga serie di appostamenti e, soprattutto, di mesi di intercettazioni telefoniche e ambientali. Resta la questione di come sia stato possibile a un esponente del calibro di Iovine di restare alla macchia per 14 anni nonostante fosse braccato da polizia e carabinieri. La risposta, senza giri di parole, l'ha data il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore. "Vuol dire che la gente del posto gli ha dato una mano", ha affermato il procuratore. "Forse per solidarietà, forse per altri motivi ma non vi è alcun motivo che si può giustificare", ha aggiunto definendo tale esternazione "una nota amara" in una giornata caratterizzata dall'euforia per il successo di magistrati e poliziotti. Nativo di San Cipriano d'Aversa, Iovine, soprannominato òNinno, era nell'elenco dei trenta latitanti più pericolosi d'Italia. Deve scontare la pena dell'ergastolo inflitta al maxiprocesso Spartacus. Componente con Michele Zagaria (l'altro superlatitante del clan) della diarchia che dalla latitanza ha diretto gli affari criminali del sodalizio, Iovine è considerato il 'boss manager', la mente affaristica del sodalizio impegnato tra le altre attività anche nel business della spazzatura. A lui viene attribuita la capacità del clan di espandere i propri interessi ben oltre i confini campani. E' Iovine, per gli inquirenti, a rappresentare per anni la camorra che fa affari e che ricicla i proventi delle attività illecite, droga e racket su tutte, nell'economia pulita e nel business del cemento. La sua ascesa al vertice dell'organizzazione è avvenuta in seguito all'arresto di Francesco Schiavone, detto Sandokan, e allo scompaginamento del gruppo comandato da Francesco Bisognetti, soprannominato Cicciotto è Mezzanotte. Il ministro dell'Interno Roberto Maroni, commentando la cattura, ha detto che quella di oggi "é una bellissima giornata". E ha contrapposto l' "antimafia dei fatti" a quella delle "polemiche". "Io mi occupo di quella dei fatti e questo è un avvenimento eccellente", ha affermato. "Aspettavo questo giorno da quattordici anni. L'arresto di Antonio Iovine 'O' Ninnò, rappresenta un passo fondamentale nel contrasto alla criminalità organizzata". ha detto lo scrittore Roberto Saviano, che nel suo "Gomorra" ha raccontato le attività criminali del clan. "Uno dei precetti fondamentali della criminalità organizzata è che 'nessuno e' un re se non vive nel suo territoriò, a riprova della sua potenza e autorevolezza perché si fa proteggere dall'ambiente in cui vive: l'arresto di Iovine, per la figura di vertice del personaggio, è quella di un re arrestato nel suo 'fortino'", ha osservato il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso.

CAMORRISTA RICCO? GIOCAVA IL WIN FOR LIFE. UN ALTRO PERSONAGGIO RESTO IMPORTANTE DA GIORNALI E UN LIBRO

Come tutti i camorristi noti, anche la notorietà di Iovine è arrivata con i centinaia di articoli di giornali che lo hanno reso celebre come Sandokan. Camorrista ricco che giocava però a Win For Life (le schede sono state trovate nel suo covo, ma non è escluso che fossero delle persone che lo ospitavano, un muratore, moglie e figlia diciannovenne). E come tutt i pezzi da novanta di mafia e camorra alla fine è stato scovato nel suo territorio, dove godeva di amicizie e connivenze ed era protetto da una rete impenetrabile di omertà. La latitanza di Antonio Iovine, boss del clan dei Casalesi, si è conclusa là dove era cominciata, 14 anni fa, a Casal di Principe, roccaforte della cosca più potente della Campania. A catturarlo gli agenti della squadra mobile di Napoli, diretti da Vittorio Pisani, che erano da tempo sulle sue tracce. Iovine si nascondeva in un villino di via Cavour, dove veniva ospitato dal proprietario, Marco Borrata, 43 anni, muratore incensurato, arrestato con l'accusa di favoreggiamento. Era Borrata, insieme con la moglie e una figlia, a prendersi cura del latitante, e di questo gli investigatori della squadra mobile ne erano ormai certi tanto da "monitorare" tutta una serie di "siti", ovvero di abitazioni e nascondigli riconducibili alla famiglia. L'operazione è entrata nella fase decisiva dopo l'intercettazione di una conversazione telefonica risalente a poche ore prima della cattura in cui uno dei familiari avanzava la richiesta di un panettone, circostanza che avrebbe convinto i poliziotti della presenza in casa del boss. Alla vista degli agenti lui non ha opposto resistenza. In casa non c'erano armi e, al termine del sopralluogo, è stata scoperto un piccolo bunker che tuttavia non sarebbe mai stato utilizzato. Nessuna soffiata ha messo la polizia sulla strada giusta, hanno tenuto a precisare gli inquirenti. La cattura ha rappresentato il risultato di una lunga serie di appostamenti e, soprattutto, di mesi di intercettazioni telefoniche e ambientali. Resta la questione di come sia stato possibile a un esponente del calibro di Iovine di restare alla macchia per 14 anni nonostante fosse braccato da polizia e carabinieri. La risposta, senza giri di parole, l'ha data il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore. "Vuol dire che la gente del posto gli ha dato una mano", ha affermato il procuratore. "Forse per solidarietà, forse per altri motivi ma non vi è alcun motivo che si può giustificare", ha aggiunto definendo tale esternazione "una nota amara" in una giornata caratterizzata dall'euforia per il successo di magistrati e poliziotti. Nativo di San Cipriano d'Aversa, Iovine, soprannominato òNinno, era nell'elenco dei trenta latitanti più pericolosi d'Italia. Deve scontare la pena dell'ergastolo inflitta al maxiprocesso Spartacus. Componente con Michele Zagaria (l'altro superlatitante del clan) della diarchia che dalla latitanza ha diretto gli affari criminali del sodalizio, Iovine è considerato il 'boss manager', la mente affaristica del sodalizio impegnato tra le altre attività anche nel business della spazzatura. A lui viene attribuita la capacità del clan di espandere i propri interessi ben oltre i confini campani. E' Iovine, per gli inquirenti, a rappresentare per anni la camorra che fa affari e che ricicla i proventi delle attività illecite, droga e racket su tutte, nell'economia pulita e nel business del cemento. La sua ascesa al vertice dell'organizzazione è avvenuta in seguito all'arresto di Francesco Schiavone, detto Sandokan, e allo scompaginamento del gruppo comandato da Francesco Bisognetti, soprannominato Cicciotto è Mezzanotte. Il ministro dell'Interno Roberto Maroni, commentando la cattura, ha detto che quella di oggi "é una bellissima giornata". E ha contrapposto l' "antimafia dei fatti" a quella delle "polemiche". "Io mi occupo di quella dei fatti e questo è un avvenimento eccellente", ha affermato. "Aspettavo questo giorno da quattordici anni. L'arresto di Antonio Iovine 'O' Ninnò, rappresenta un passo fondamentale nel contrasto alla criminalità organizzata". ha detto lo scrittore Roberto Saviano, che nel suo "Gomorra" ha raccontato le attività criminali del clan. "Uno dei precetti fondamentali della criminalità organizzata è che 'nessuno e' un re se non vive nel suo territoriò, a riprova della sua potenza e autorevolezza perché si fa proteggere dall'ambiente in cui vive: l'arresto di Iovine, per la figura di vertice del personaggio, è quella di un re arrestato nel suo 'fortino'", ha osservato il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso.

IOVINE IN QUESTURA: ATTEGGIAMENTO DISTACCATO, NON SONO UN BOSS

Due computer fissi, un notebook, tre pizzini e due lettere scritte dai figli. E' il materiale ritenuto più interessante sequestrato dalla polizia ieri nella villino di Casal di Principe (Caserta) dove è stato catturato, dopo una latitanza di oltre 14 anni, il boss dei Casalesi Antonio Iovine, soprannominato 'o Ninno. Lui, una volta condotto in Questura, ieri sera, ha tenuto un atteggiamento distaccato. Assai poche le frasi rivolte a poliziotti e magistrati in questura prima di essere trasferito nel carcere di Avellino: ''Non sono il boss che racconta la tv", ha affermato con un mezzo sorriso. Se non proprio una professione di innocenza assoluta, una maniera per avvalorare la tesi che le accuse nei sui confronti - sfociate tra l'altro in una condanna definitiva all'ergastolo - sono esagerate. Agli investigatori della squadra mobile, coordinati dai pm della Dda di Napoli Antonello Ardituro e Alessandro Milita, spetta ora il compito di individuare, esaminando i "file" dei pc e le cifre e i nomi contenuti nei biglietti, gli spunti per nuove indagini sulle attività della cosca casertana. L'obiettivo è di scoprire eventuali tracce sugli affari del clan e soprattutto sui complici che avrebbero protetto la latitanza di Iovine. Gli inquirenti sono convinti che, ad eccezione di alcune brevi trasferte nel centro-nord (Toscana e Emilia) e in Francia, 'o Ninno abbia trascorso quasi interamente la sua esistenza da padrino in fuga tra Casal di Principe e la citta' dove nacque 46 anni fa, San Cipriano d'Aversa, roccaforti dell'organizzazione. E gli investigatori sono altresì certi che diversi esponenti e fiancheggiatori del clan abbiano favorito la latitanza, oltre al proprietario del villino dove il boss è stato catturato. Marco Borrata, il muratore incensurato arrestato ieri nel corso del blitz, con la moglie e la figlia provvedevano esclusivamente a quella che gli inquirenti definiscono "assistenza logistica", ovvero gli garantivano cibo e vestiario, e lo ospitavano di frequente. Per gli spostamenti invece, sia da un covo all'altro sia per brebi viaggi, erano incaricate altre persone. Iovine non aveva con sé alcun documento, neppure falsificato. Non usava quasi mai il telefonino e le poche volte che ha adoperato un cellulare - ipotizzano gli inquirenti - ha provveduto a distruggere subito la scheda

INFORMATIVA SULLE DONNE CHE LO ASSISTEVANO

Gli investigatori della squadra mobile di Napoli hanno inviato un' informativa alla Procura sulla moglie e la figlia di Marco Borrata, il muratore quarantatreenne di Casal di Principe (Caserta), che ospitava il superboss Antonio Iovine nella sua villetta. E' quanto si è appreso da fonti investigative. Martedì sera Iovine era stato prelevato in auto dalla figlia diciannovenne del muratore in un altro nascondiglio, che la polizia non ha ancora individuato, e trasportato nella villetta di Casal di Principe, dove avrebbe dovuto rimanere fino a questa mattina se non fosse scattato il blitz della squadra mobile di Napoli. Rosa Cantiello, moglie di Borrata, e la figlia, avrebbero assistito in precedenza altri latitanti del clan dei Casalesi. Gli investigatori hanno capito che Iovine era giunto nella villetta dei Borrata avendo avuto notizia del divieto di mettere piede nell'abitazione imposto dalla famiglia anche ai parenti stretti. Il capo della squadra mobile Vittorio Pisani ha poi smentito che gli investigatori fossero sulle tracce di un altro superlatitante dei Casalesi, Michele (e non Pasquale, ndr) Zagaria, e che si siano imbattuti in Iovine. Zagaria non avrebbe potuto trovarsi a Casal di Principe, territorio di Iovine. Tra i due boss i rapporti sarebbero interrotti da un paio di anni.

A CASAL DI PRINCIPE PARLA LA GENTE: MA CHE C'E' DA FESTEGGIARE? I POLITICI PEGGIO DI LUI

Un giorno come un altro a Casal di Principe (Caserta) il giorno dopo l'arresto di Iovine. Poco importa se dopo quasi quindici anni di latitanza è stato arrestato il boss dei boss dei Casalesi, Antonio Iovine, e che il paese lo ha protetto. Qualcuno dice "non c'é nulla da festeggiare", qualcun altro aggiunge "a noi non ha fatto nulla di male, ci dispiace per l'arresto". E poi c'é anche chi ammette: "Quando qui comandava la camorra si viveva meglio, c'era più lavoro". Come dire: "L'arresto di Iovine ci ha rovinato ancora di più". Pochi chilometri, si arriva a San Cipriano D'Aversa e la figlia di 'o Ninno', si affaccia al balcone di casa sua. Lo fa per difenderlo: "E' innocente, non è un boss, siamo con lui". Giorno di ordinaria indifferenza, nel cuore della provincia di Caserta, lì dove una volta "c'era la Terra di Lavoro e ora c'é solo terra bruciata". E la 'colpa' per tanti è dello Stato che ha levato potere alla camorra. A Corso Umberto, nel centro di Casal di Principe, Antonio Diana, panettiere, prova a spiegare: "I politici rubano, i boss anche. Ma mentre i camorristi mangiano e ti fanno mangiare, i politici mangiano solo loro". E il fatto che la camorra, in nome di tutto questo, uccide? "Vabbé ma si ammazzano tra di loro - risponde Laura D'Alessandro - a noi non ci hanno mai fatto nulla". Del resto, aggiunge Marcello Della Bona, "i camorristi ci salutano, ci stringono la mano, i politici non fanno neanche quello. E poi sono cattolici, educati". Insomma, persone "perbene". Che anche il boss Iovine sia una persona perbene lo dice la figlia. Senza se e senza ma. Filomena, 23 anni, studentessa in farmacia, sorride, come proprio ieri ha fatto il papà. Sembra serena, ferma. Si affaccia al balcone di casa sua, dove sul citofono c'é scritto 'Antonio Iovine'. "Mio padre è innocente - dice - e lo dimostrerà". Ieri lo ha abbracciato in questura, a Napoli. "Mi ha detto che dobbiamo avere fiducia in lui - racconta - e mi ha raccomandato di continuare gli studi perché lo studio è la cosa più importante. Noi siamo con lui, gli siamo vicini". Ironia oggi, tra la gente, alla domanda se c'era da star contenti per l'arresto del boss: "E' perché dobbiamo essere contenti, mica oggi è la festa del patrono?". Poi, sguardi bassi, braccia alzate come a dire "io non so niente". Ma come, mai sentito nominare Antonio Iovine? Eppure, è forse stato in paese per tutti questi anni. Qualcuno risponde perfino così: "Che fosse un boss l'ho letto oggi sui giornali". Poi, ti fa l'occhiolino e sottovoce aggiunge: 'Sai, capiscimi''. "Qui non c'é lavoro, questo è il nostro vero problema", dice Ulderico. 'Siamo marchiati, considerati come la rogna, delinquenti - ripete - Sono un muratore e nessuno mi vuole dare lavoro, ne' al nord né nella stessa Campania solo perché sono casalese". Insomma, tutti stufi del solito binomio Casal di Principe - terra di camorra. Perfino il sindaco Pasquale Martinelli sbuffa, "il solito luogo comune, qui siamo in 21mila e mica siamo tutti camorristi". Il parroco della chiesa del Santissimo Salvatore, don Carlo Aversano, va oltre: "Lo Stato, qui, è arrivato in ritardo. Ora serve una svolta, serve il lavoro. La camorra non é sconfitta, c'é tanto da fare". Né al bar dei Giovani, dove la mattina si gioca a burraco, né da altre parti. Poche parole, a muso duro, della padrona di casa: 'Un boss in casa mia, e allora?''. Il vicino, Antonio Morza, aggiunge: "Vabbé magari il boss si è presentato davanti al cancello, e cosa dovevano fare?". Tutto normale, dunque. Poco importa se c'é un boss in meno. A Casal di Principe, questo, non fa differenza. Alla quinta traversa di via Cavour, a Casal di Principe, dove ieri hanno arrestato il boss Antonio Iovine, in tanti non hanno voglia di parlare. Alla vista dei giornalisti chiudono le finestre e dicono: "Non sappiamo niente e non vogliamo sapere niente". Nel portone proprio a fianco, Giuseppina Pucci si affaccia alla finestra. Racconta che in questa traversa ci abita da 42 anni: "E' una strada tranquilla, non ce lo aspettavamo che proprio qui viveva un boss". Quando lo dice si mette le mani fra i capelli. "Mamma mia che spavento", ma, poi, aggiunge: "Qui siamo persone perbene". Proprio di fronte le sorelle Adelina e Anna - "però non ci chiedete il cognome" - descrivono la scena ieri quando è stato arrestato il boss: "Sembrava il Far West, c'era polizia armata, le strade erano chiuse". "Le persone che abitavano in quella casa sono brave persone, stanno qui da poco - aggiungono - noi in questa traversa ci abitiamo da una vita e vi possiamo dire che a Casal di Principe le persone perbene ci sono, eccome, non siamo tutti camorristi"

ARRESTO IOVINE, UN ALTRO SUCCESSO DEL GOVERNO BERLUSCONI. ENTUSIASTI I MINISTRI MARONI E ALFANO

Sono molto soddisfatti i ministri Maroni e Alfano giunti a Napoli dopo l'arresto del boss. Incontrano i poliziotti che hanno stanato il superlatitante Antonio Iovine ieri a Casal di Principe. Da Iovine solo poche parole: "Non sono il boss che racconta la tv". Ma si guarda già avanti. E mentre il responsabile del Viminale dice che ora bisogna catturare altri due boss, Matteo Messina Denaro e Michele Zagaria, il Guardasigilli esprime la sua preoccupazione: "Non vorremmo che la caduta di questo Governo significasse anche l'interruzione di questo circuito magico di leggi contro le mafie". L'operazione che ha portato alla cattura di Iovine riscuote il consenso del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che definisce l'arresto "straordinario" in due diversi messaggi inviati, rispettivamente, al capo della polizia Manganelli e al procuratore della Repubblica di Napoli Giandomenico Lepore. L'azione contro le mafie è incessante, come dimostrano altre due operazioni condotte oggi: 200 milioni di euro di beni, appartenenti alla cosca Commisso di Siderno (Reggio Calabria), vanno a rimpinguare il cospicuo totale dei sequestri effettuati. Un risultato ottenuto nell'ambito dell'operazione Crimine, sulle attività illecite della 'ndrangheta in Lombardia, che nel luglio scorso porto' all'arresto di oltre 300 persone. Sempre oggi, in Calabria, a Platì, i carabinieri hanno arrestato, all'interno di un'abitazione rurale Pasquale Barbaro, di 33 anni, ricercato dal 2009. Maroni e Alfano in Questura hanno incontrato gli uomini della squadra "catturandi" che hanno assicurato alla giustizia il superlatitante. In Questura 'O ninno' ha tentato di avvalorare la tesi della propria estraneità alle numerose e pesanti accuse contestategli nel corso degli anni. Da quando, cioé, insieme a Michele Zagaria, raccolse l'eredità di Francesco Schiavone detto 'Sandokan', al vertice del clan dei Casalesi. "Questa è l'antimafia dei fatti, dei successi, degli arresti, della cattura dei latitanti, dell'aggressione ai patrimoni. Questa è l'antimafia a cui io e Alfano ci onoriamo di appartenere", ha detto il responsabile del Viminale ai giornalisti al suo arrivo in Questura. Un arresto eccellente frutto del cosiddetto 'metodo Caserta', ha aggiunto il ministro dell'Interno, che ha ricevuto gli elogi del Presidente della Repubblica e anche attestazioni di stima internazionali. "Le piattaforme di contrasto alla criminalità organizzata italiane - ha evidenziato Alfano - sono diventate la base per i Paesi del G8 nel contrasto alla mafie". Alfano, poi, ribadisce di avere già comunicato ai magistrati napoletani l'imminente firma del 41 bis per Iovine, un istituto "rafforzato", divenuto "carcere durissimo", che "funziona - ha commentato - e gli ordini all'esterno sono difficili da dare per chi è sottoposto a questo regime". Sono 6754 i mafiosi assicurati alla giustizia e beni per 17 miliardi e 854 milioni di euro sequestrati a mafia, camorra e 'ndrangheta. Mai fatto di piu' prima. A Casal di Principe l'arresto di Iovine, invece, sembra non suscitare effetti particolari: "A me, per la verità, non ha fatto niente di male", dicono numerosi compaesani di Iovine. In molti sono perfino convinti che quando lì a governare c'era la camorra, "si viveva meglio" mentre ora, "che c'é lo Stato siamo rovinati". Sul fronte delle indagini, al vaglio degli inquirenti, ci sono adesso due computer fissi, uno portatile e tre pizzini con indicazioni di nomi e cifre, materiale sequestrato ieri dalla squadra mobile di Napoli nell'abitazione di Casal di Principe dove è stato catturato il boss Antonio Iovine, e su cui si sta concentrando l'attenzione degli investigatori che stanno esaminando anche due lettere scritte dai figli. Le indagini, coordinate dai pm della Dda di Napoli Antonello Ardituro e Alessandro Milita, puntano a verificare la presenza di elementi interessanti sulle attività del clan dei Casalesi e sui rapporti avuti dal boss durante la lunga latitanza. Per gli inquirenti ci sono state anche altre persone che hanno favorito la latitanza del boss oltre a Marco Borrata, il muratore nella cui villetta è stato catturato 'O ninno

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