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SPIE PER CASALESI IN CAMBIO DI TESSERE DEL NIGHT: ARRESTI A MODENA


CASERTA - (di Vito Faenza - da Corriere del Mezzogiro.it - 9 marzo 2009) - L'indagine è durata un anno, dopo che i pm partenopei avevano trasferito alla Dda di Bologna che le carte che riguardavano la presenza dei casalesi in Emilia-Romagna. Così dopo Parma, Modena dove ieri notte la Dda ha ordinato alla polizia di mettere le manette a cinque persone. Il provvedimento ha un elenco di ipotesi di reato: comune a tutti quello di associazione per delinquere di stampo camorristico. A finire nella rete della polizia anche due agenti della polizia penitenziaria originari di Carinola, nel Casertano, e di Caivano, in provincia di Napoli. Loro, in cambio delle quote di due club con relativa partecipazione agli utili, non solo portavano di tutto ai detenuti del carcere di Modena in regime di «alta sicurezza» ma consentivano l'accesso ai colloqui a persone che non ne avevamo diritto e attraverso le quali, sospettano gli inquirenti venivano impartiti ordini sia per quanto riguarda le attività «in loco», sia per quello della terra dei Mazzoni. L'OPERAZIONE MEDUSA - Numerosi i sequestri e le perquisizioni nell’ambito dell’operazione che è stata denominata «Medusa». Tra le altre attività in cui sono coinvolti i casalesi quella dell'edilizia: le ditte legate ai clan si sono mimetizzate tra le imprese legali. Sono circa seicento le imprese edili con sede nell'agro Aversano che operano nel modenese e in altri centri dell'Emilia e della Romagna. Naturalmente questi decreti di fermo non bloccano l'attività investigativa che prosegue perché gli affari dei casalesi sono quasi sempre collegati al traffico e lo spaccio degli stupefacenti oltre che a quello consolidato delle estorsioni. Proprio nella recente relazione del procuratore nazionale antimafia, Grasso, venivano citati esempi di infiltrazioni delle organizzazioni criminali in altre regioni, tanto vaste da non poter definire più «la criminalità organizzata un affare esclusivo delle regioni meridionali». Minacce di rappresaglie nei confronti del magistrato di sorveglianza di Modena che non aveva concesso permessi premio richiesti da affiliati al clan dei casalesi. È un altro degli aspetti dell’operazione della Polizia di Modena e della Dda di Bologna contro i casalesi. «Non ne vuole sapere proprio dei casalesi... eppure lo dobbiamo buttare con la testa sotto, quello lo deve capire... deve passare quel guaio, deve passare quello...», sono le frasi intercettate in cui gli affiliati parlavano del magistrato. Sulla base delle minacce rivolte, il comitato provinciale per la sicurezza di Modena dall'ottobre 2008 ha disposto un servizio di vigilanza per il giudice, che è ancora attivo.

 
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